Riduzione degli investimenti pubblicitari, contenimento dei costi, tagli ai budget sulle produzione originali, mancata concorrenzialità, la crisi della fiction italiana ha origini di varia natura. Il Rapporto Fiction presentato dall’Istituto di Economia dei Media della Fondazione Rosselli per conto dell’APT (Associazione produttori televisivi), Sviluppo Lazio e RomaFictionFest, mostra dei dati allarmanti.
Dal 2008 al 2012 il fatturato della produzione della fiction in Italia, oggi attestato su 650 miliardi di euro, ha subito una perdita del 24%. Un crollo dovuto in parte alla crisi economico-finanziaria del Paese, ma anche e soprattutto all’incapacità di trovare storie e produzioni che abbiano maggiore appeal all’estero. Un problema quest’ultimo non da poco, che impedisce all’Italia non solo di vendere le proprie produzioni all’estero, ma anche di rafforzare la presenza in altri paesi recuperando le risorse sui mercati internazionali attraverso eventuali coproduzioni.
Altro problema da non sottovalutare è la sempre più crescente corsa all’acquisto di serie tv straniere. I palinsesti italiani, in particolar modo quelli delle reti cadette, accolgono sempre più serial stranieri, riducendo lo spazio per la fiction made in Italy. Il nostro è il paese europeo che importa il maggior numero di ore di serie tv. Da settembre 2011 ad agosto 2012 solo il 33% della fiction trasmessa sulle reti italiane era di nostra produzione, a fronte del 51% di realizzazione americana, e del 16% proveniente dal resto d’Europa (Germania, Francia e Gran Bretagna). In 5 anni, dal 2006 al 2011, le importazioni di fiction sono cresciute del 67%, mentre le esportazioni sono crollate del 58%.
L’industria della fiction italiana è dunque in profonda crisi, e non aiuta di certo la concentrazione del mercato, il cui 70% è nelle mani di appena venti aziende. Venti società leader che dal 2009 al 2011 hanno pur segnato una crescita dell’1,3% del fatturato, ma allo stesso tempo affossato tante piccole realtà produttive, costrette a causa della crisi, delle difficoltà di accesso al credito, e della discontinuità produttiva, a chiudere i battenti, portando ad un’uniformità di voci e di offerta che penalizza non poco le potenzialità della nostra fiction.
1. rien ha scritto:
19 aprile 2013 alle 18:21