22
aprile

ETTORE BASSI A DM: SIAMO TUTTI UN PO’ CANI. MA QUELLI CON LE SPINTARELLE MI DIVERTO A METTERLI IN CRISI

Ettore Bassi e Rex

Sta per volgere al termine la sua esperienza di commissario al fianco di Rex, il venerdi sera su Rai 2. Ne abbiamo approfittato per chiacchierare con Ettore Bassi entrato nelle case degli italiani come il Maresciallo Ferri di Carabinieri e poi con tutta una serie di altri personaggi di successo. O anche di meno successo, che però a lui hanno comunque lasciato qualcosa e Bassi si racconta senza nascondere le delusioni che questo lavoro a volte gli ha dato. I continui rinvii di Rex danno il là alla nostra intervista…

Ho pensato che ci fosse qualche macumba che remasse contro. Non riuscivo a spiegarmi perché continuassero a rimandarlo, dopo ormai quasi due anni dalla fine delle riprese della prima serie (con lui protagonista, ndDM).

La messa in onda è stata preceduta da una dura polemica di Kaspar Capparoni, il tuo predecessore, sulla mancata messa in onda degli ultimi due episodi con lui protagonista. Cosa ne pensi?

Avrei fatto lo stesso. Lui ha lavorato, ha girato, si è impegnato come è ovvio che fosse. Capisco benissimo la sua reazione. Secondo me c’è stato un errore congiunto di chi ha seguito la produzione della serie, quando si è trattato di scrivere e avallare le storie di queste due puntate sapendo che poi il commissario sarebbe cambiato. La promozione è stata fatta tutta sulla novità, sull’arrivo del nuovo commissario e se il pubblico poi si fosse trovato di fronte a una prima puntata completamente con il vecchio commissario, avrebbe pensato di essersi sbagliato. La rete si è vista costretta al taglio per scelta editoriale.

La più grande difficoltà che hai avuto sul set?

La difficoltà più grande è stata quella di far conciliare tutto con il poco tempo a disposizione e con i tempi televisivi. Bisognava rinnovare la serie e quindi capire cosa migliorare, cosa togliere, cosa implementare e curare tantissimi aspetti, con in più anche la difficoltà di mantenere la presa diretta che è stata una volontà forte mia e poi del regista Costantini. Questo è un aspetto fondamentale perchè con un cane in scena e con i suoi addestratori che gli danno i comandi in continuazione salvare la diretta è un vero miracolo. Abbiamo lavorato per questo e  fatto prove meticolose e faticosissime pur dovendo rispettare sempre i tempi di lavoro.

Come sei arrivato a diventare il protagonista di Rex?

Ero nel novero delle proposte, poi  il regista Costantini mi ha incontrato e raccontato il progetto che mi ha entusiasmato. Diciamo che il mio nome è quello che ha messo d’accordo più persone.

Come mai la decisione di lasciare dopo due stagioni?

Quando mi è capitato di essere protagonista di una serie, vedi Carabinieri, ho sempre pensato fosse un pò rischioso rimanere incastrato nel progetto. In questo caso mi ha “aiutato” a prendere la decisione il fatto che una certa parte della produzione ha deciso di tornare indietro, di tornare a fare un Rex più tradizionale, molto più statico, che era distante dal mio gusto. Il cambiamento era il motivo per cui ho scelto di fare la serie come l’ho fatta. Tornare alla tradizione, con una gestione diversa delle puntate, con storie diverse, con una qualità, lasciami dire, anche diversa non era mio interesse.

Che ci sono cani attori hai avuto modo di testarlo, ma degli attori cani che ci dici?

Quelli ci sono sempre, ma ci sono anche ruoli che ti vengono meno bene. Sai, siamo tutti un po’ cani (ride, ndDM). A tutti noi è capitato di sentirsi cani prima o poi e succederà ancora. Certo, c’è chi ha più talento e chi ne ha di meno, dipende anche dai ruoli e dalle situazioni che ti capitano. Diciamo che mi è capitato di incontrare colleghi che non si trovavano bene nel loro ruolo e avevano un po’ di difficoltà. Quello che mi dà fastidio sono quelli o quelle che hanno qualche spintarella e che arrivano sul set e non sanno mettere tre parole in fila. Ecco, con loro mi diverto a metterli un po’ in crisi.

Sei rimasto in contatto con qualche collega di Carabinieri, la serie che ti ha fatto conoscere al grande pubblico?

Queste sono esperienze di lavoro che ti lasciano un rapporto di amicizia e di simpatia con tanti colleghi con cui magari non ti senti, ma quando li incontri li saluti con affetto. Mi è successo con Andrea Roncato, con Paolo Villaggio, con la stessa Manuela (Arcuri, ndDM). Sono persone con le quali ho sempre un rapporto di simpatia.

Un attore italiano contemporaneo che ti piace.

Mi piacciono molto Pierfrancesco Favino e Kim Rossi Stuart. Ammiro Castellitto che trovo un attore di spessore e anche Beppe Fiorello che ammiro per la caparbietà e la sensibilità nella scelta delle storie che racconta.

Hai amici tra i tuoi colleghi/colleghe?

Si, certo. Sono ondate di periodi. Sono filoni che hanno i loro ondeggiamenti senza un motivo particolare. Ci sono periodi che ti vedi più con alcuni. Adesso per esempio mi sto anche incrociando con Giorgio Pasotti continuamente. Stamattina per caso ci siamo incontrati anche al bar (ride, ndDM).

L’ultima cosa che hai guardato in tv, escluso Rex.

Io guardo pezzi di cose, non guardo cose intere, tranne il Commissario Rex (ride, ndDM). Ho guardato Modugno, ma anche Trilussa, Che Dio ci Aiuti, Il clan dei Camorristi. Mi piace assaggiare, cogliere le atmosfere e poi cambiare canale.

Non hai un programma preferito?

No, non sono molto addicted da questo punto di vista. Le mie bambine mi hanno fatto guardare The Voice ultimamente e mi sono divertito a guardarlo. Ogni tanto guardo Amici, in cui ultimamente ho visto partecipare anche personaggi che apparentemente non c’entrano nulla. Ecco, i talent mi divertono, ma non sono uno che aspetta il giorno per mettersi davanti alla televisione.

Accetteresti quindi di far parte della giuria di un talent?

Si, certo. Lo farei volentieri. I talent sono un’occasione per i ragazzi di mettersi in luce. Se posso essere d’aiuto a un ragazzo per mettere in mostra il proprio talento non potrei che esserne felice. Io a vent’anni avrei dato qualunque cosa perchè un personaggio conosciuto mi vedesse e potesse apprezzare le mie capacità.

Hai esperienze come conduttore in programmi per ragazzi oltre che in una particolarmente emozionante Giornata Mondiale della Gioventù con Papa Giovanni Paolo II. Oggi che programma ti piacerebbe condurre?

La mia esperienza di conduzione è finita perchè in quel momento non mi sembrava ci fosse una volontà di far crescere i giovani conduttori all’interno della rete. All’epoca lavoravo per la Rai, chi era come me a Mediaset ha fatto poi la sua strada di conduttore. Vedevo che in Rai era una cosa più casuale che altro e questo un po’ mi ha deluso. Oltretutto il mio interesse era anche quello di recitare, sono venute fuori occasioni importanti e ho proseguito per quella strada. Adesso mi divertirebbe condurre un programma di intrattenimento leggero ma anche interessante. Mi diverte Quelli che il calcio cha ha uno spunto sportivo su cui poi appoggiare tante cose. Per esempio Che tempo che fa è un bel programma oppure anche Volo in Diretta. Mi piacciono questi programmi in cui il conduttore ha la possibilità di interagire in maniera apparentemente leggera raccontando delle cose.

Fatto mai errori di valutazione nella scelta o nella non scelta di un ruolo?

Nella non scelta fortunatamente no. Nella scelta, ci sono cose che possono andare bene e cose che possono andar male. Forse una volta sola ho sbagliato completamente programma e infatti è stato chiuso dopo una o due giornate. E’ stato forse l’ultimo programma di Alberto Castagna. Si chiamava “Cosa non farei”  ed era una specie di reality giocato anche in studio dove i concorrenti dovevano superare delle prove impossibili per ottenere qualcosa. Io ero un inviato speciale in giro per l’Italia e all’estero e mi sono ammazzato per un mese a girare delle cose che poi non sono andate in onda perchè il programma è stato chiuso. Era brutto, era davvero brutto. Ci sono cose che non vanno bene ma che ti lasciano qualcosa di utile. Quella volta lì non mi è rimasto proprio nulla, se non la fatica (ride, ndDM).

Sia sulla tua pagina facebook sia sul tuo sito hai un approccio informale e diretto con il tuo pubblico. Come mai hai deciso di gestire tutto tu direttamente?

Ho sempre delle persone che mi aiutano, ho un amico che tappa i miei buchi. Per esempio, l’ultima volta mi è saltata la linea internet per una chat con il pubblico ed è intervenuto lui per scusarsi con tutti. Gestisco direttamente io, perchè non voglio che nessuno risponda al posto mio, perchè nessuno potrà mai rispondere come rispondo io, non perchè risponda in modo speciale, ma perché sono io, punto. Voglio che il pubblico sappia che cosa penso e come sono. Credo sia una forma di rispetto, rispetto che è anche amore per quello che faccio.

Accettare il ruolo di San Francesco in Chiara e Francesco ti ha procurato molta ansia. Per la difficoltà del personaggio o per la reazione del pubblico?

Per la difficoltà del personaggio e forse un pò per la critica “intellettuale” che sarebbe stata pronta lì a sparare a zero, anche con il mirino. Cosa che penso sia anche giusta. All’inizio è una cosa che mi ha messo paura. Adrenalina mista a terrore.

E’ arrivata poi la critica di Aldo Grasso.

Non ha apprezzato l’impostazione della cosa. E su questo potevo essere parzialmente d’accordo. Ci ha definito due protagonisti molto da fiction ed era vero. Quella era un fiction e noi eravamo due protagonisti da fiction. Sporcarsi di più le mani, essere meno pulitini, avere meno paura d’osare. Di questo se ne può parlare. Sulla critica di Grasso sono abbastanza d’accordo.

Devi girare una scena d’amore, con Elena Sofia Ricci o Francesca Cavallin?

(ride, ndDM) perché solo questi due nomi? Non so. Dipende anche dal film.

E quella di una litigata furibonda, con Sarah Felberbaum o Francesca Chillemi?

Con Sarah ho già recitato, quindi diciamo la Chillemi.

I meno giovani ricordano la tua partecipazione nel ruolo di Mitzi a I Ragazzi del Muretto, quello che adesso chiameremmo un teen drama. Che ricordo hai di quell’esperienza?

Molto confuso, (ride, ndDM). Era il 1995, una vita fa. Ho un ricordo misto, da una parte eccitazione perché facevo il protagonista di una serie televisiva di grande successo, dall’altra un po’ di delusione perchè quella serie non andò bene. Fu vissuta male anche mentre giravamo, perchè c’erano contrasti anche dentro il gruppo dei ragazzi, non c’era un ambiente rilassato e amichevole. C’erano un po’ di fazioni e io queste cose non le capisco. Ero molto giovane, mi bevevo un’esperienza come quella con tutto l’entusiasmo e anche il candore che poi (ride, ndDM) è stato anche messo a dura prova. Il fatto poi di vedere che questo mondo è fatto di invidie, dispettucci, fazioni, giochetti un po’ tristi mi ha deluso. In quel gruppo c’erano un po’ questi movimenti e infatti la serie non andò bene. E questo non è un caso. Non è mai un caso.

Il ruolo che hai interpretato e di cui sei più orgoglioso.

Sono due. Uno è il personaggio di Giorgio Piromallo nella fiction su Moscati che ho girato con Beppe Fiorello con la regia di Campiotti. Questo personaggio aveva un’evoluzione bellissima nella storia e mi è venuto davvero bene. E lo dico per le critiche che tuttora sento dopo l’ennesima messa in onda. Un altro è il pediatra di Nati Ieri, una serie che non ha avuto fortuna, ma a cui io sono molto affezionato. E’ un progetto coraggioso fatto dalla Lux su un reparto di pediatria. Si raccontavano le nascite, i bambini che venivano al mondo e gli intrecci delle storie di questo gruppo di medici. Una serie nata per Mediaset e poi finita nell’intreccio di battaglie di interessi più legati a diatribe interne della rete che a veri motivi di qualità. I registi erano Paolo Genovese e Luca Miniero, non due non capaci. Nel cast c’erano Vittoria Belvedere, Sebastiano Somma, Lina Sastri, solo per citare i fissi. Io interpretavo un pediatra che faceva i giochi di prestigio per i bambini, un personaggio  che mi sono cucito addosso. Sono molto legato a quel ruolo e chissà che un giorno non lo prenda e non lo riproponga da qualche parte.

Progetti per il futuro?

Dalla settimana prossima tornerò in teatro con Il Muro, al Golden di Roma con Eleonora Ivone per la regia di Angelo Longoni. E’ uno spettacolo molto bello, con le musiche dal vivo tratte dall’album The Wall dei Pink Floyd. L’anno prossimo lo porteremo in tournè. Poi sto preparandomi a girare un film tv per Rai 1 sulla storia dei carabinieri martiri di Fiesole, una storia molto forte e molto bella.

Dove vorresti invece che ti vedessimo?

Al cinema. Mi piacciono molto le commedie, non quelle leggere, quelle con una storia, un po’ alla Ozpetek, un po’ alla Lucchetti, un po’ alla Virzì. Film che sono ben scritti, ben curati, che hanno uno spessore autoriale. Credo di essere pronto per un’esperienza di questo tipo.

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5 Commenti dei lettori »

1. Marco89 ha scritto:

22 aprile 2013 alle 12:06

Bell’ intervista , complimenti!
Ma perchè proprio tra la Cavallin e la Ricci…in effetti capisco l’ imbarazzo, povero, scegliere così in maniera cruda tra due nomi mica è facile!
Rex non lo seguo direttamente e costantemente, però devo dire che da quel che vedo, lui mi piace molto più di Kapparoni! Trasmette molta serenità però allo stesso tempo è un attore vivo. Poi bisogna ringraziarlo perchè trasmette ancora la seppur rara speranza che anche gli uomini dopo i 40 possono invecchiare bene…
ps: sarò barbaro, ma mi vien da dire che Raidue sta ancora un pò in piedi grazie alla Carrà e ad un cane…



2. curiosity ha scritto:

22 aprile 2013 alle 12:09

Aldo grasso disse: I l programma è così triste che viene da ridere. Certo, ci vuole una certa genialità per confezionare programmi come «Cosa non farei», condotto da Alberto Castagna e dal supplente Ettore Bassi (Retequattro, martedì, ore 21,10). Si prende un format della Bbc dal titolo «I’ d do anything», un successo trasmesso in 22 Paesi e in che Inghilterra ha raggiunto il 28% di share. Bene, come si fa a conquistare il 6% di share in Italia? Ecco cosa non farei: prendere Alberto Castagna, affiancargli un vice come Ettore Bassi, invitare ospiti in studio di una tristezza senza pari, far di tutto per togliere ritmo alla trasmissione, mescolare un po’ di «Stranamore» con l’ «emotainment» e, al culmine della creatività, chiamare Costantino Vitagliano («Ciao Costa», lo saluta Castagna), la star mediatica della trash tv. Ormai, quando una trasmissione invita Costantino significa che non sa dove parare, che non ha altre idee. Il meccanismo del format è il seguente: una persona «comune» può realizzare un sogno a favore di una persona «vicina» purché sia disposto ad affrontare le prove più incredibili sotto specie di «prova d’ amore». Tipo: una signora siciliana un po’ chiattona che per accontentare il marito, tifosissimo del Palermo, e permettergli di incontrare la sua squadra del cuore, accetta di affrontare una discesa di «rafting», pur temendo l’ acqua e non sapendo nuotare. «Cosa non farei» è prodotto da Fatma Ruffini, è scritto da Angelo Mandelli, Riccardo Pasini, Mirko Setaro, Giorgio Vignali con Manuela D’ Angelo e Federico Centofanti, è diretto da Mario Bianchi. Il dirigente Angelo Florio aveva dichiarato: «Da questo programma ci aspettiamo buoni risultati anche per via dello sforzo produttivo che richiede». Accontentato. Ascolti Esordio, 1.586.000 telespettatori, per uno share del 6,53%. Seconda puntata: 1.332.000 telespettatori, share del 4,83%.



3. Valeria Carola ha scritto:

22 aprile 2013 alle 12:12

Grazie Marco…solo con due nomi è più difficile!!!!!



4. rien ha scritto:

22 aprile 2013 alle 14:57

Per favore non offendiamo i cani, che anche come attori sono troppe spanne sopra.



5. aleterla ha scritto:

22 aprile 2013 alle 15:37

A me come attore piace ed ha anche fascino, bisogna ammetterlo. Un tipo giusto.



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