Avete presente il classico duello dei film western? Quello in cui, nella classica strada assolata di una sperduta città di frontiera, due cowboy si affrontano, con mano calata sul calcio della pistola, pronti a sparare un unico colpo che ucciderà uno dei due? Bene, se state guardando le Battles di The Voice, vi renderete immediatamente conto che il duello all’ultima nota finisce, inevitabilmente, con l’assumere le sembianze di un comunissimo duetto protetto dalla solita, rincuorante stella bonaria tipica del programma. Ma andiamo per ordine.
Mentre i coach si forniscono di nuovi abiti, fra cui la tenuta da gitana sfoggiata da Noemi e probabilmente presa in prestito dall’Esmeralda del collega Cocciante, Fabio Troiano si sforza di interpretare il “padrino” perfetto di un duello canoro lento, sia nei tempi che nell’esecuzione. Nemmeno il monito della leonessa sul fatto che “ci saranno delle battaglie all’ultimo sangue” e il classico tintinnio udìto prima di salire sul ring riescono a condire lo show di quel pathos e di quell’energia in più che lo renderebbe una gara molto più competitiva e meno legata alle solite “eliminazioni sofferte”e alle solite lacrime dei concorrenti rincuorati, come sempre, dal giudice di turno come Raffaella Carrà che promette, alla mancata scelta, di rivederla fuori. Poco importa che sia in fila alla posta o in mezzo al traffico del Raccordo Anulare, se la Raffa (qui il suo team) lo ha detto, evidentemente sarà vero. I ragazzi ci credono, si esercitano fino allo stremo e i coach, complice la durata di tre ore della puntata, prendono tempo. Sì, perché nel tempo impiegato da Noemi nella scelta di Nausicaa, il giovane Santiago De Martino ha imparato a camminare, a mangiare, a vestirsi e a pronunciare le parole “schiena” e “farfallina” in men che non si dica.
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La formula è sempre la stessa, i duetti (pardon, i duelli) si ripetono a ritmo serrato, ma i giudici affrontano a modo loro la scelta del proprio pupillo. Se la Raffa non può fare a meno di abbracciare il perdente e giustificare ripetutamente la scelta, Riccardo Cocciante, sempre pacato e riservato, sceglie la via meno battuta del tecnicismo, del pathos trasmesso dalla performance e del sapiente dosaggio di parole e consigli. L’aria buonista e accomodante del programma trova, però, un decisivo smorzamento in Piero Pelù (qui il suo team), il personaggio più bohémienne e controverso di quest’edizione che, all’ipovedente Jasmine e la sua versione di “Ti sento”, in grado di spedire un quarto dei telespettatori in un centro Assistenza Amplifon, le preferisce la più grintosa Cristina. Segno che, in presenza di un vero talento, anche il “politicamente corretto” può sacrificarsi per una volta.
Esattamente come le Blind Auditions, le Battle scorrono ma non entusiasmano troppo. Assenti particolari sorprese se non la scelta di Noemi (qui il suo team) di appioppare “Baby” di Justin Bieber alle giovani Chiara e Martina o le sporadiche apparizioni di Fabio Troiano. Certo, per un treno partito a cento all’ora e con tutti gli auspici per crescere e accattivare sempre più, un po’ delude che le Battles non siano riuscite a tener viva la tensione e la melodia permeante della prima fase. Ma solo un’altra Battle ci separa dall’atteso Live che, libero dal lavoro di post-produzione e dall’eccessivo indugio su particolari trascurabili, si spera regali emozioni e brividi ben più forti e suggestivi di quelli condivisi precedentemente. Dopotutto, “This is the Voice!”.
1. Fafo1970 ha scritto:
12 aprile 2013 alle 09:15