Abbiamo guardato la prima puntata dell’ottava stagione di Un Medico in Famiglia! Diamo per assodato che siamo sulla rete ammiraglia della Rai, di domenica sera, in prima serata e con un pubblico di riferimento che, sottratti i tifosi di calcio che guardano il posticipo, quelli che la tirano lunga all’aperitivo e quelli che anagraficamente su Rai 1 non ci possono stare perché Rai 2 e Italia 1 sono le reti giovani, resta composto da donne adulte, anche molto adulte, e di bambini. Le categorie che nei momenti di pericolo devono essere tutelate e salvaguardate. Ecco, deve essere questo il principio ispiratore del “c’era un volta un medico in famiglia”. Proteggere donne e bambini dai mali esterni chiudendoli nel fantastico mondo di Poggio Fiorito e in particolare nella villetta dei Martini, dove la densità di abitanti per metro quadrato è più alta di quella della Cina.
Il fatto di estraniare lo spettatore dalla realtà non è di per sé cosa negativa e non lo è nemmeno rivolgersi al pubblico in modo semplice. Ma con Un Medico in Famiglia siamo a un livello davvero elementare, troppo elementare: l’assenza di strutturazione e articolazione nei dialoghi fanno apparire le conversazioni come uno scambio di pensierini a tema libero; tutto ha un po’ il sapore della favoletta: ci sono i buoni e i cattivi, lo “scontro”, la vittoria finale del bene sul male e il vissero tutti felici e contenti. Almeno fino ai nuovi episodi.
Non che manchino spunti di riflessione sociale. Il concetto di famiglia allargata ne è il primo esempio, il medico omosessuale un altro, la vecchiaia un altro ancora, ma tutto rimane trattato in maniera superficiale e, ammettiamolo, anche un pò democristiana. I personaggi non prendono mai posizioni nette, se non quelle buoniste e scontate che potremmo definire “del buon padre di famiglia”. O del medico, che dir si voglia.
Nella prima puntata, la famiglia Martini ha un problema con la banca. Sono loro i dittatori dello spread è la frase di Lele (Giulio Scarpati) che fa entrare la crisi economica nella serie. Il pericolo di perdere la casa per una truffa, che, di per sé, è un problema serio, viene mitizzato dalla figura dell’avvocato che sta ai suoi clienti come Gargamella ai Puffi, dalla solidarietà della famiglia e dal “volemose bene”, suggellato dalla parata di Albano lungo il viale di Poggio Fiorito con il premio di Sanremo tra le mani mentre canta Nel Sole amplificato con la sola imposizione del diaframma. Chiamateci pure snob, ma dobbiamo confessarlo, a questa scena abbiamo riso fino alle lacrime.
Sottolineate le criticità, non possiamo ignorare il successo di una fiction, che, tra più alti che bassi, dura ormai da otto stagioni. La dichiarazione d’amore di Lele ad Alice (Claudia Pandolfi) ha fatto presa sul grande pubblico quanto quella di Costantino Vitagliano ad Alessandra in Uomini e Donne. E alla fine, la domenica sera, quasi per tradizione e per una sorta di familiarità con la serie, lo spettatore ogni tanto passa su Rai 1 per dare un’occhiata a come vanno le cose a casa di Nonno Libero. Fosse solo per notare che Ciccio non ha più l’acne giovanile, Annuccia dovrà presto comprare una crema antirughe e che a breve Maria diventerà la nonna della serie. Attenzione solo alla sigla. Se la ascoltate, vi sarà impossibile smettere di canticchiare “Mon Amour, je t’aime, tout le jour, je t’aime” almeno per 12 ore. Se il canticchiare persiste consultare il medico.
Per quanto ci riguarda, vogliamo farci un complimento. Abbiamo parlato di Un Medico in Famiglia senza scrivere nemmeno una volta nazionale-popolare.
1. Marco89 ha scritto:
5 marzo 2013 alle 12:56