Qualcuno potrebbe dare la colpa all’ “odore dei soldi”, qualcuno potrebbe tirare in ballo la voglia di sbancare l’auditel e di essere nazional-popolari, qualcun altro invocare la semplice necessità di fare nuove esperienze: Chiambretti-Bignardi sono stati l’accoppiata 2009 più attesa sul fronte delle novità di palinsesto (se si esclude il festival di Bonolis).
Equamente divisi tra Rai e Mediaset, tutti e due in seconda serata ma non in diretta concorrenza, tutti e due riformulando in maniera più o meno evidente i due rispettivi format (Markette e Le invasioni barbariche), partiti come “di nicchia” e diventati “di massa”. Perché sì, è inevitabile: La7 è un luogo in cui sperimentare, una palestra in cui inventare senza avere la tagliola dell’Auditel proprio all’altezza della nuca, ma quando poi la formula è rodata e le contro-proposte sono allettanti, la nicchia non basta più, e ci si saluta cordialmente: La7 punta sulle plusvalenze e non sulla concorrenza diretta contro “Raiset”; i presentatori, quando sono pezzi da 90, non vogliono più lottare per la retrocessione ma cercano la Champions League. E così, sicuri di non potere e non dover lasciare quei format cuciti apposta per loro, Daria e Pierino sono rientrati in grande stile sul ring che conta, e con cachet di tutto rispetto.
Chiambretti, piccola peste, approda su Italia 1: “Markette” diventa “Chiambretti Night”, diminuiscono le figure di corredo, acquista più centralità l’irreverente intervista (anche perché come fai a lasciare all’ombra dei “Gemelli”, intervistati super come Mourinho?) e la formula piace. Complici anche casi come quello degli “svenimenti carpiati” della Paradiso, il programma accende l’interesse e convince gli scettici: un’ottima media di share, con punte anche del 16 -17% in alcune puntate. Chiambretti è felice e si vede: risultato raggiunto e programma confermato anche per la nuova annata. Forse Pierino ha dovuto un pò “spuntare le lance della satira” a favore dello show, ma la missione è compiuta, e questo è l’importante.
Cammino analogo ma esito diverso invece per l’altra fedifraga Bignardi. Prima volta in RAI, lei che aveva presentato il primo vero Grande Fratello, lei che aveva addirittura vinto un Telegatto con le sue “Invasioni Barbariche”, suscitando indirettamente le ire di Mentana (che non voleva gareggiare nella stessa categoria con un programma così diverso da Matrix), approda alla seconda serata primaverile di Raidue con la sua “Era glaciale”. La formula è sempre la stessa perché formula che vince non si cambia (o quasi). “Le invasioni” era quel giusto mix tra talk show, programma di cultura e marchetta televisiva. Nel passaggio all’”Era Glaciale” però qualcosa non ha funzionato, non del tutto.
La conduttrice era la stessa, gli ospiti decisamente più importanti, costosi e in teoria interessanti, ma per la prima edizione del programma ben più rosee erano le aspettative dei capi struttura RAI. Le uniche note di colore sono state: l’alterco con Brunetta per la questione Brandolini -Brodolini (la conduttrice sbagliò il nome di un noto ministro del lavoro, scatenando tutte le ire del ministro “anti-fannulloni”) e la censura/rinvio dell’intervista a Vauro e Beatrice Borromeo, per una questione di par condicio politica non rispettata. Per il resto il programma è passato sottotono di settimana in settimana: non è stato pubblicizzato nel modo giusto e probabilmente ha perso quel pubblico giovane, di cultura e un po’ snob, de La7. Il problema principale forse è stato proprio questo: mentre “Chiambretti Night”e “Markette” sono fratelli, “L’era Glaciale” è lo zio delle “Invasioni”: il programma è stato troppo invecchiato, o forse il termine giusto è “istituzionalizzato” e questo ha tolto libertà agli autori, alla conduttrice, e interesse al pubblico. Non c’era più la birretta scaccia-pensieri, non c’era interazione con l’esterno, e tutto era spesso un po’ asettico e scontato… peccato.
Ai nastri di partenza 2009/2010 di nuovo schierati entrambi i format: uno deve confermarsi, l’altro deve riscattarsi, in palio c’è il necessario contributo per far vincere alla propria rete il titolo di “rete giovane e giovanilistica”, e in una situazione di bilico e scarsi investimenti, meglio non sbagliare.
1. iLollo ha scritto:
9 luglio 2009 alle 15:51