21
marzo

STEFANO SOLLIMA, IDEATORE DELLA SERIE ROMANZO CRIMINALE: SAREBBE DA FARE UNA TERZA SERIE SU QUELLO CHE STA ACCADENDO OGGI A ROMA

Stefano Sollima

Abbiamo avuto modo di conoscere da vicino Stefano Sollima, nome legato ad ACAB, ma soprattutto a Romanzo Criminale, della cui serie è stato l’ideatore, nel corso di un incontro organizzato dal Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna. E’ stata soprattutto una buona occasione per cogliere alcune sfumature e vicende di backstage rispetto alla serialità televisiva italiana.

Interessante il dibattito sulla caratterizzazione dei personaggi, sui fenomeni di fandom scatenati dal prodotto, sulle scelte di trattamento stimolato dagli studiosi di televisione presenti all’incontro: Claudio Bisoni e Guglielmo Pescatore per l’Università di Bologna e Cecilia Penati per l’Università Cattolica di Milano. Ma è sul problema della televisione generalista rispetto alla produzione di serie più innovative che il dibattito ha riservato le migliori riflessioni.

Sull’idea che solo Sky potesse scommettere inizialmente su una serie così forte come Romanzo il regista precisa:

Io ho fatto Crimini, serie di film di genere. Se fai una prima serata su Raidue è considerato come me se fosse satellitare. Siamo stati tutti molto liberi. Quando lavori con le ammiraglie, Raiuno e Canale 5, non è vero che c’è una forma censoria a monte. E’ evidente che ti stai rivolgendo ad un pubblico che è diverso. Sarebbe sbagliato fare un gangster movie per Raiuno, se lo fai come ho fatto Romanzo Criminale, sei un pazzo suicida, vai contro al tuo pubblico; allora non accettare di lavorare per la televisione generalista. Hai a che fare con un pubblico purtroppo -e dico purtroppo perché se lo sono perso negli anni- che è invecchiato. Se si rilevasse l’Auditel come negli Stati Uniti gli prenderebbe un colpo, perché loro arrivano a 65 anni, gli americani a 45. Calcola quanto farebbe Don Matteo… Infatti gli investitori pubblicitari stanno investendo moltissimo su Sky.

Sul perché Mediaset abbia scelto una programmazione non proprio comodissima per la riproposizione della serie Romanzo su Italia 1 continua:

La seconda stagione l’hanno mandata in terza serata per un fatto meramente politico perché non l’avevano più coprodotta. Quando abbiamo iniziato a girare mi ricordo che mi arrivarono tutte le note da parte di quelli di Mediaset che provavano a ricomporre e dare un senso, non dico da prima serata ma almeno da seconda senza farsi cacciare. Non ci sono riusciti, allora l’hanno tenuta così mettendo un bollino rosso e mandandola progressivamente sempre più tardi. Ma è anche giusto così io c’ho due bambini piccoli, perché all’improvviso senza essere avvertiti si devono trovare di fronte quelli che sparano.

Sulla questione del trattamento del romanzo, se il riscontro Auditel di alcuni personaggi abbia influenzato il modo di calibrare la sceneggiatura Sollima si sente di escludere questa dinamica, proprio per ragioni tecniche:

Quando siamo usciti con il primo episodio io ho chiamato per chiedere: ‘com’è andato?’ Mi hanno detto cose di una vaghezza assurda. Adesso penso che abbiano degli strumenti più raffinati, perché in realtà loro non possono rilevare, per un fatto di privacy. Non possono farlo per legge. Si appoggiano all’Auditel. Per la prima serata all’epoca sono usciti fuori i dati Auditel  che ci davano come spettatori nel Lazio solo 15 mila persone, ed eravamo solo 16 mila a casa mia (ride, ndr). E invece a Milano una cifra enorme.

Sul perché la serie abbia scatenato molti dubbi sulla rappresentazione della criminalità e sulla scelta di dribblare il percorso tradizionale della fiction, con quel suo taglio italiano tipicamente agiografico:

quella visione cattolica per cui se delinqui allora devi essere triste e anche un po’ sfigato è una cosa solo nostra. Era evidente rispettare il loro punto di vista, allora vedi all’inizio un gruppo di cialtroni simpatici che si vogliono bene. L’ironia nasce perché è come se fossero un gruppo di ragazzini disadattati che si incontravano nei bar e che si dicevano le cose che si dicono nei bar. A Roma diciamo ‘cazzeggiavano’. La seconda serie però è più dritta, meno ironica.

In particolare sulle reazioni di Alemanno che aveva criticato la carica quasi positiva trasferita dalla serie ai delinquenti della Magliana:

Alemanno è stato fondamentale nel lancio, gli volevamo dare ad un certo punto anche una cosetta. Ha detto delle cose che non stanno né in cielo, né in terra. I politici hanno l’idea che il film debba moralizzare la società, una cosa che era già considerata antica negli anni ‘70. Suo figlio è un fan della serie. Noi che lavoriamo nei media non abbiamo l’obbligo di moralizzare, il male è preesistente alla sua rappresentazione. E’ da fare una terza serie su quello che sta succedendo oggi a Roma.

Focus molto interessante anche su Ho sposato un calciatore, adattamento anomalo di una fortunatissima serie inglese prodotta per ben cinque stagioni. Sollima si dichiara molto legato a quel suo lavoro, andato così così per tante scelte sbagliate. Ecco il suo ricordo:

Tutto nasce da una serie inglese che era molto carina. Il problema erano i contenuti: era una storia di calciatori ma praticamente non si vedevano mai giocare a calcio, si vedevano solo le loro vite private: nella serie inglese era tutto sesso, droga e rock ‘n roll, un ritratto però abbastanza fedele di alcuni di questi calciatori. Era bella l’idea di farlo. C’è un però, ovviamente. Nel momento in cui è arrivata nelle mani di Canale 5, c’erano tutta una serie di angoli che sono stati smussati. La stessa cosa la potevi fare con Romanzo, smussando gli angoli fai un prodotto da Canale 5. Oggi è un errore che non farei mai, mi dovevi uccidere per farlo in maniera diversa. Forse sarebbe andato pure peggio però avrebbe rispettato l’anima della serie inglese, che era forte, dissacrante, molto lucida.

E ancora:

E’ stato faticosissimo gestire il rapporto con la generalista, Il problema è spesso che si ha una visione errata del proprio pubblico, non si ha proprio una visione del pubblico, per cui immagini sempre che sia un’entità astratta, buttata su una sedia per cui se utilizzi meccanismi narrativi un po’ diversi o il linguaggio un po’ forzato non ti seguano. Non è così. Quella serie non doveva andare su Canale 5 ma su Italia 1, doveva essere fatta ancora più acida di quanto fosse. L’ho trovata un’occasione mancata. Oggi me la gestirei un po’ diversamente, avrei anche degli strumenti per uno sviluppo un po’ diverso. Non è andata benissimo e quindi hanno subito ritratto la mano.

E in conclusione un piccolo pronostico sulla televisione tradizionale italiana:

Anche quest’anno hanno diminuito del 30-40% il budget. Alla fine produrranno solo il giusto per quelli che sono i loro veri e reali spettatori. Ma se tu fai una serie e la vendi, fai una seconda e vendi anche quella, forse sulla terza potrai metterci un po’ più soldi perché sai che la venderai in tutto il pianeta. [...] In Inghilterra noi con Romanzo siamo andati su Sky Arts in romano con i sottotitoli.



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3 Commenti dei lettori »

1. lu85 ha scritto:

21 marzo 2012 alle 17:53

Scusate ma come calcolano gli ascolti in America?? Comunque ha ragione lui eh..



2. Michele ha scritto:

22 marzo 2012 alle 10:56

Sollima ha reso palese ciò che sapevamo: fiction italiane di qualità nelle tv generaliste non potranno mai esserci almeno fino a quando i dirigenti Rai e Mediaset la penseranno così come la pensano ora………. Sarebbe bello ed interessante se anche in Italia l’ascolto lo misurassero fino ai 45 anni: lo share medio di Rai 1 scenderebbe dal 20% al 9%.



3. Gianluca Camilleri ha scritto:

22 marzo 2012 alle 11:37

Sarebbe bello se – sulla falsa riga degli sketch della Guzzanti con la “Banca della Magliana” – Sollima riunisse quel magnifico cast e progettasse una sorta di terza serie su ciò che sta accadendo ora a Roma…
Il materiale, di certo, non mancherebbe!



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