Nei giorni in cui Fiorello sembra aver dimostrato che il varietà non è morto se si fanno gli investimenti giusti e si arruolano i veri professionisti dello spettacolo, nel momento in cui l’approfondimento sembra interessare più dell’evasione da fiction, sembra scoccata l’ora x per il se non ora quando degli inguaribili sostenitori della Rai come servizio pubblico.
Con l’emblematico slogan Riprendiamoci la Rai va in scena stasera alle ore 21 nell’Aula Magna del Politecnico di Torino un dibattito evento sulle prospettive del sistema radiotelevisivo italiano in questa fase di transizione e di revisione economica e strutturale.
La RAI è cresciuta accanto alla nostra Democrazia, ha perseguito, attraverso i suoi professionisti, il diritto-dovere ad un’informazione indipendente e plurale, originale nelle sue forme e fedele allo spirito del dettato costituzionale.
La RAI è anche per queste ragioni un bene comune degli italiani, un patrimonio senza il quale l’Italia sarebbe più povera.
La RAI è ora in crisi. Una crisi che non è solo di conti ma anche di contenuti, di credibilità, di capacità di rappresentare la maggioranza degli Italiani.
Ma la RAI ha ancora al suo interno forze sane, professionalità e competenze umane, tecniche e industriali in grado di far tornare questa Azienda alla sua naturale vocazione di garantire il servizio pubblico radiotelevisivo.
Rivendicazioni chiare e dirette, almeno quanto il sottotilo eloquente che sta facendo da fil rouge alle varie iniziative di chi sollecita una riforma culturale: ‘L’informazione è come l’acqua, deve essere di tutti’. Tra i partecipanti alla serata anche il tandem di comici che per lungo tempo ha fatto da colonna portante a Che tempo che fa, Luciana Littizzetto e Antonio Albanese, oltre che a presenze di rilevanza simbolica quali l’emerito Gustavo Zagrebelski e i professori dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai.
La critica allo status quo si muove anche attraverso un manifesto, ben presente nel sito collegato al movimento, che delinea per il futuro del servizio pubblico una serie di priorità e di diritti per l’utente non più negoziabili. Si ribadisce in prima istanza il diritto-dovere all’informazione e alla cultura nell’interesse della collettività. Forte è il richiamo alla prospettiva su cui tarare l’offerta: bisogna credere nell’intelligenza del pubblico e nella sua capacità di riconoscere la qualità stimolando il dialogo tra le generazioni e tra le diversità penetrando in maniera acuta nelle mille piccole realtà che la geografia dello stivale separa.
Indicazioni anche di gestione però: più società civile e meno spartizione lottizzata affidata alla politica, risorse equilibrate e degne della grande tradizione di maestranze Rai italiane. Niente sprechi e giornalismo con la schiena dritta, assoluto divieto di inseguire le dinamiche della televisione commerciale con il contemporaneo sforzo di essere promotori di sperimentazioni e di progetti editoriali autonomi e originali.
1. pig ha scritto:
12 dicembre 2011 alle 20:24