14
dicembre

LO SCANDALO AGRODOLCE E L’ASSORDANTE SILENZIO DELLA RAI

Agrodolce

Agrodolce

C’è una domanda che più di qualche telespettatore si sarà posto in passato: che fine ha fatto Agrodolce? La soap opera che doveva “rilanciare” Termini Imerese, dopo una prima stagione con ascolti tutto sommato buoni per lo slot delle 20 – orario in cui il pubblico è in gran parte sintonizzato sui tg nazionali – è misteriosamente scomparsa dagli schermi della terza rete pubblica. Il progetto era stato fortemente voluto da Giovanni Minoli, allora Direttore di Rai Educational e anche ideatore di Un Posto al Sole, e l’intenzione era chiara: sviluppare un prodotto cinematografico con un budget ristretto. Una missione forse un po’ troppo avventata, come sottolineato da più parti, e troppo coraggiosa.

A metter luce su una situazione piuttosto curiosa è una lunga inchiesta de Il Fatto Quotidiano che ha cercato di ricostruire tassello per tassello tutte le vicende che hanno caratterizzato la produzione Rai e Einstein dall’avvio del progetto alla sua misteriosa conclusione, con l’aiuto di fonti ufficiali e di registrazioni ambientali ad opera del Presidente di Einstein Luca Josi che, dopo i primi problemi riscontrati, ha registrato tutte le conversazioni con le figure chiave della produzione, tra cui Giovanni Minoli. Visto l’assordante silenzio che ha fatto seguito all’inchiesta del quotidiano di Padellaro, abbiamo pensato di ‘rilanciare’ anche noi la questione Agrodolce, così come analizzata dal Fatto.

Partiamo dai costi. L’intenzione di Giovanni Minoli era chiara: mettere in piedi una produzione cinematografica con il budget di una soap opera. Una missione impossibile per Luca Josi, proprio per una questione di costi. Se una fiction come Capri è costata 12 mila euro a minuto e un film per il grande schermo come Baaria è costato 166 mila euro a minuto, come si può pensare di avviare una produzione cinematografica per il piccolo schermo con il budget di una soap opera? Per Minoli era un’assoluta priorità, ma il contratto tra Rai e Einstein poneva dei limiti chiari.

Il contratto prevedeva appunto la produzione di una soap opera, parola chiave che viene spesso citata negli accordi scritti e firmati da Minoli e l’allora Direttore di RaiFiction Agostino Saccà. In una conversazione tra l’ex Direttore di Rai Educational e Luca Josi, così rispondeva Minoli ai legittimi dubbi di Josi, che voleva attenersi al contratto firmato:Non facciamo una soap ok? Deve essere chiarissimo. Perché nel contratto dell’Einstein non c’è mai scritta la parola soap, ci sono scritte tante altre cose di cui vi dovrà parlare”. E Josi: “Ma nel contratto c’è scritto…”.

Questa la risposta di Minoli che lascia un po’ interdetti: Io faccio quello che voglio. Non si preoccupi lei.” Curioso l’uso del singolare da parte di Minoli, che deve rispondere ad un’azienda e non alle sue volontà: il contratto tra la Rai e Einstein prevede che il produttore si impegni a produrre “semplicemente” una soap opera (il prodotto televisivo meno costoso, tra l’altro), parola che compare nel Contratto di Produzione del 17 gennaio 2007, nel Contratto Variante N.01 della prima serie, nel Piano di produzione di Rai Fiction approvato dal CdA Rai, nella convenzione tra Rai e Regione Sicilia, nella Raccomandata del Direttore di RaiFiction Fabrizio Del Noce e nel Contratto di Attivazione della seconda serie.

Eppure Minoli a quanto pare può fare quello che vuole, tanto da poter imporre di produrre qualcosa che non è previsto in alcun contratto e che richiede costi ben superiori rispetto ad una soap opera.

Ed infatti dopo poche settimane dall’inizio della prima stagione di Agrodolce, i costi inevitabilmente lievitano: Minoli sfora di addirittura 6 milioni di euro sui 21 previsti dal budget, la Rai rifinanzia solo 3.5 milioni e la Einstein perde quindi la bellezza di 2.7 milioni di euro.

Continua…



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6 Commenti dei lettori »

1. tania ha scritto:

14 dicembre 2011 alle 11:52

Non abbiamo una cultura televisiva per fare delle soap opera,infatti ne abbiamo 2 all’attivo e una rischia la chiusura,che tristezza!



2. Salvo ha scritto:

14 dicembre 2011 alle 12:19

Bel pezzo di inchiesta. complimenti…



3. MisterGrr ha scritto:

14 dicembre 2011 alle 12:28

Sono curioso della prossima parte. Non sapevo queste cose…quanta tristezza.



4. ANTONIO1972 ha scritto:

14 dicembre 2011 alle 13:04

che peccato,agrodolce cercava anche di sensibilizzare sui problemi della sicilia. mi dispiace per quei poveri siciliani che avevano modo di trovare qualche sbocco professionale



5. ale88 ha scritto:

14 dicembre 2011 alle 13:25

scusate la mia ignoranza: ma perché una soap opera costa di meno rispetto ad una fiction??



6. ANTONIO1972 ha scritto:

14 dicembre 2011 alle 13:40

@ale88 la qualità delle soap è infinitamente più bassa delle fiction. sono girate quasi totalmente in interni,di solto non si rifanno le scene,sia per i tempi strettissimi che per contenere i costi. poi si ammortizzano i costi,col fatto che spalmi certe spese per una stagione intera,di circa 250 puntate,piuttosto che in cicli che vanno dalle 2 alle 26 puntate delle fiction



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