23
luglio

AUTOBOMBE E SPARATORIA, NORVEGIA SOTTO SHOCK. MA LA TV NORDICA RIESCE A VINCERE IL TERRORE

Terrore in Norvegia, Oslo sotto attacco

Una bomba esplosa nel cuore di Oslo e poi, come in un brutto incubo, una sparatoria sull’isola di Utoya. Nel pomeriggio di ieri la Norvegia è crollata nel caos, piegata da un attacco che ha risvegliato in tutto il mondo lo spettro del terrorismo. Alle 16.26 una deflagrazione ha distrutto la sede del tabloid VG coinvolgendo anche gli uffici del Primo Ministro Jens Stoltenberg. Lo scoppio ha provocato feriti e vittime. A poche ore di distanza, sull’isolotto di Utoya (a 30km dalla capitale) un uomo travestito da poliziotto ha aperto il fuoco sui partecipanti ad un meeting del partito laburista: la strage si ripete, forse i morti sono venti-venticinque.

Da quel momento le tv di tutto il mondo hanno raccontato in diretta l’incubo della Norvegia, col fiato sospeso per la paura di nuovi ed improvvisi attacchi. Intanto sul web è comparsa una rivendicazione dell’atto terroristico da parte di un gruppo jihadista. La televisione di stato norvegese Nrk sta trasmettendo senza sosta news e immagini della tragedia nel corso di lunghe dirette. Nella serata di ieri l’emittente ha anche realizzato un’intervista esclusiva al Primo Ministro Jens Stoltenberg da una località non precisata “per motivi di sicurezza“. “I terroristi ci vogliono spaventare” ha detto il premier, invitando la popolazione a seguire le indicazioni che la polizia aveva divulgato in tv.

Nonostante il livello di allarme resti tutt’ora altissimo, suscita una dovuta riflessione il fatto che le emittenti televisive norvegesi continuino ormai da ore ad informare i cittadini mostrando loro le immagini crude della tragedia con toni pacati che non lasciano alcuno spazio alle suggestioni. In una circostanza così drammatica, la volontà dei media nordici sembra proprio quella di fare informazione in modo asettico e completo, impedendo che la paura si diffonda pericolosamente via etere.

Nel giorno del terrore, gli anchormen norvegesi mostrano un’invidiabile compostezza; il tono delle loro parole non nasconde l’intenzione di cavalcare la concitazione del momento, piuttosto comunica una esplicita volontà di dominare le emozioni per riportare al pubblico la semplice cronaca di quelle terribili ore di sangue. Sullo schermo scorrono le immagini di una capitale colpita al cuore, con le persone ferite e le auto della polizia che sfrecciano impazzite. Le sirene dei soccorsi si sovrappongono come in un concerto spaventoso, duettano con le voci ferme dei cronisti. Talvolta le sovrastano.

Il telespettatore italiano, pur non comprendendo la lingua norvegese, rimane stupito dai modi e dai toni di un giornalismo così diverso da quello a cui è quotidianamente abituato. Negli ultimi mesi, infatti, la nostra informazione ha raccontato efferati fatti di sangue come fossero puntate di una fiction noir. Spesso e volentieri, i cronisti italici hanno utilizzato parole, immagini e toni volutamente urlati per dopare di sensazionalismo la cronaca. In un’ottica gretta e provinciale, le ‘nostre’ Sarah Scazzi, Yara Gambirasio e Melania Rea sono diventate protagoniste di un cluedo mediatico creato ad arte per suscitare emozioni, aizzare paure e curiosità perverse.

La Norvegia, che ieri ha vissuto eventi di maggior gravità e portata, ha al contrario mostrato un grado di civiltà capace di umiliare questo tipo di giornalismo e di impartire una nobile lezione di stile: nel giorno in cui il fantasma del terrorismo torna a spaventare con la violenza, la tv deve saper domare le emozioni e ammortizzare lo shock di un intero popolo. Il piccolo schermo non può e non deve cedere alla grande paura.



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11 Commenti dei lettori »

1. AnTo ha scritto:

23 luglio 2011 alle 13:09

Prendiamo esempio…



2. Nicola ha scritto:

23 luglio 2011 alle 13:48

E non avete notato un altro elemento dalle riprese televisive: sono stati coperti i volti delle persone che venivano trasportate in barella.
Una roba inconcepibile ad noi!



3. lele ha scritto:

23 luglio 2011 alle 14:17

non capisco il nesso tra i casi di cronaca nera in Italia e gli attentadi di Oslo, cioè è così ovvio che in una situazione così delicata come quella che si sta vivendo lì non si possa fare sensazionalismo. Sia chiaro, non voglio difendere il giornalismo stile “La vita in diretta”, però mi sembra un’antitesi forzata



4. lele ha scritto:

23 luglio 2011 alle 14:32

non sono così pessimista nei confronti del giornalismo italiano: credo che se succedesse qualcosa del genere in Italia i giornalisti capirebbero la situazione limitandosi alla cronaca, come hanno fatto i norvegesi.



5. sirgeorgebest83 ha scritto:

23 luglio 2011 alle 15:26

quelli che hanno svangato i c…..i con yelia, scazzi etc non sono giornalisti, sono sciacalli



6. Giuseppe ha scritto:

23 luglio 2011 alle 15:41

Un conto è lo sfruttamento dei fatti di cronaca nera per soddisfare la morbosità del pubblico (cosa che accomuna l’Italia a tutto il resto del mondo, basti citare, fra i tanti, il film di Wilder “L’asso nella manica). Un conto è parlare di quanto avvenuto in Norvegia. E’ palese che in Norvegia sia stato sottovalutato il fenomeno dell’estremismo di destra. Non siamo di fronte al semplice atto di un folle, ma al risultato di una politica che ha consentito addirittura lo svolgersi di campi paramilitari pare con la presenza di istruttori appartenenti all’esercito. Cosa tanto più grave se si rammenta che la Norvegia ha “subito” un forte collaborazionismo durante l’occupazione nazista. La stampa norvegese fa informazione in modo asettico e completo non solo perchè non si diffonda la paura ma anche per far apparire l’evento meno grave di quello che effettivamente è, derubricandolo nella tipologia del “gesto folle” e cercando di far apparire la Scandinavia quel paradiso di civiltà che forse non è.



7. Marco Leardi ha scritto:

23 luglio 2011 alle 16:35

@lele. Dunque, come ho scritto è evidente che i casi di cronaca nostrani abbiano una portata diversa e inferiore rispetto alla tragedia norvegese…. ma il punto riguarda l’approccio e il metodo giornalistico. Un metodo non cambia in base alla gravità o all’emotività della notizia: è sempre quello.

……A proposito, vogliamo ricordare i collegamenti e gli speciali per il terremoto in Abruzzo, una delle nostre più spaventose tragedie?? I cronisti avvicinavano le persone a cui era crollata la casa, o coloro che avevano perso dei familiari… “Come si sente?”.. “Da quanti anni abitavate qui?”.. “E adesso cosa farete?” . L’approccio era anche in quel caso sensazionalistico e tutti, giustamente, lo criticammo. In Norvegia mi pare di aver visto un giornalismo diverso, nel metodo dico.



8. Marco Leardi ha scritto:

23 luglio 2011 alle 16:38

@Giuseppe. La tua riflessione è interessante e in parte potrebbe essere vera. Però, come scrivo nel commento precedente riferendomi anche al nostro terremoto in Abruzzo, c’è modo e modo per raccontare una tragedia. Io credo di preferire quello del giornalismo puro, in presa diretta ma rispettoso



9. Giuseppe ha scritto:

23 luglio 2011 alle 17:01

@Marco Leardi
Un vecchio luogo comune recita più o meno che i lettori scelgono un quotidiano non tanto per la correttezza e completezza dell’informazione quanto per trovare conferma della propria mentalità e pregiudizi. Fortunamente in Italia, malgrado le nostre infinite lamentele, c’è ancora una discreta possibilità di scelta. Faccio un esempio: alcuni quotidiani si sono precipitati a ipotizzare una matrice islamica dell’eccidio norvegese (Il giornale, Libero e Il Tempo) altri sono stati più riflessivi. Qualcuno sa fare il mestiere meglio degli altri? No, hanno semplicemente scritto quel che il loro pubblico si aspettava. Lo stesso vale per le trasmissioni televisive. Non vi piacciono quelle che insistono in maniera morbosa su certi fatti? Non guardatele, ci sono tante alternative. Ma sarebbe un errore decidere a priori esclusioni. Un ultimo luogo comune: la validità dell’informazione si basa sul pluralismo della medesima.



10. lele ha scritto:

23 luglio 2011 alle 19:48

@Marco Leardi
mmmh… mi hai convinto, però quello che tu citi fu un caso unico: in passato abbiamo vissuto stragi simili a quelle del terremoto ma fortunatamente abbiamo visto giornalisti più bravi.

@giuseppe
ok d’accordo su tutto, però il fenomeno sciacallaggio sta diventando francamente insopportabile e dilaga alla grande.



11. sebastiano di pietro ha scritto:

24 luglio 2011 alle 09:20

l italia e l italia e il resto del mondo e il resto del mondo. nel senso che l italia ci marcia sul dolore perche non ha niente da fare il resto del mondo invece ha qualcosa da fare e allore ne parlano poco di dolore .L ITALIA SI NU PEZZO DI MERDA per quando riguarda il dolore della gente morta



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