Il terremoto in casa Rai è più vivo che mai, dalla turbolenta approvazione dei palinsesti autunnali alla vicenda Santoro che ancora tiene prepotentemente banco. E questa volta è lo stesso giornalista a far registrare una scossa tutt’altro che d’assestamento, a margine della conferenza stampa di presentazione di “Tutti in piedi, entra il lavoro“, la manifestazione che venerdì 17 giugno celebrerà a Bologna i 110 anni dalla nascita della Fiom.
L’occasione è ghiotta per tornare a discutere di Rai e del momento che sta attraversando la tv di Stato. Ma più che puntare il dito, il giornalista lancia un vero e proprio monito:
“I tempi dell’editto bulgaro, in cui bastava chiuderci in una stanza e buttare via la chiave, sono finiti. Per sempre. Ora l’emergenza è un’altra: è il futuro della Rai, della sua qualità strategica, della sopravvivenza di una delle ultime grandi aziende di questo Paese”.
Dunque riparte da dove Annozero aveva chiuso, con quella difesa della Rai che lavora e quell’accusa ai partiti politici di aver minato la libertà di fare servizio pubblico. Ma, aggiunge, “non è sufficiente dire che i partiti devono uscire dalla gestione della Rai, bisogna anche cambiare il modo di fare televisione. Per esempio, devono tornare davvero a contare gli autori, con la loro esperienza e la loro capacità di produrre programmi”. Prima ancora degli autori, però, secondo Santoro vanno completamente rivisti i criteri che portano alla nomina dei vertici dell’azienda. Ed è qui che lancia la provocazione:
“Chi aspira a una carica deve presentare il proprio curriculum ed essere esposto a una valutazione pubblica. In quest’ottica, se dovesse passare questo principio, sarei pronto a candidarmi io stesso, non foss’altro che per costringere tutti gli altri candidati a fare altrettanto, presentando a loro volta le loro credenziali”.
Ma ve la immaginate una Rai targata Michele Santoro? Per chi non ci riuscisse, ci pensa lui stesso a snocciolare qualche illustre nome, a partire dai più volte citati Adriano Celentano, Sabina e Corrado Guzzanti. Ma non solo: “Andrei anche da Grillo: ‘Hai smesso col Movimento 5 stelle? Ti va di rifare una serata?’. E poi mi occuperei dei direttori di rete, che in una Rai del genere sarebbero gente come Guglialmi, Freccero, Gori”.
Mano tesa anche nei confronti di Simona Ventura, la quale vicenda con la Rai trova molte similitudini con quella dello stesso Santoro (leggi qui). La Mona viene tirata in ballo con la sua creatura più importante: “L’azienda, che vive si di canone ma anche di pubblicità, non può smettere di fare l’Isola dei Famosi, altrimenti diventerebbe come l’americana Pbs. E questo si che piacerebbe a Berlusconi”. E a proposito di canone, aggiunge di condividere l’idea che lo stesso abbonato sia chiamato ad eleggere il CdA della Rai.
E in tutto ciò, che ruolo gioca il suo tanto paventato (da altri) passaggio a La7? Santoro conferma che la trattativa c’è e che i suoi stessi collaboratori fremono all’idea di sbarcare nel terzo polo. Lui, invece, si dice “più tentato dalle imprese impossibili”. Quali? Per esempio, quelle appena citate sopra.
1. ANTONIO1972 ha scritto:
14 giugno 2011 alle 18:25