Vittorio Sgarbi, il ritorno. Dopo il flop e la conseguente chiusura del suo programma su Rai1, il critico d’arte non depone le armi e, anzi, si presenta nello studio di Domenica Cinque a raccogliere l’onore dei vinti. Al suo arrivo il pubblico si scalda, scatta una specie di standing ovation, e il narciso Vittorio si sente già a suo agio. Sposta il ciuffo ribelle e si accomoda sulla potroncina preparatagli da Claudio Brachino; davanti a lui un parterre di ospiti pronti a commentare l’ineluttabile destino del suo esordio televisivo.
Il professore si sottopone alle critiche, ma anche ai complimenti: forse “Ci tocca anche Vittorio Sgarbi” non è stato una vera disfatta. Antonella Boralevi, ad esempio, riconosce che in tv “l’amico” Vittorio è stato semplicemente se stesso, con il suo spirito ribelle e la sua grande cultura. Quell’ 8.27% di share totalizzato mercoledì scorso dal neoconduttore sarà anche stato un risultato penalizzante, ma nell’agorà di Domenica Cinque c’è chi intende far valere le ragioni del sapere su quelle dell’auditel. Il critico d’arte concorda, e a riguardo rilancia: “La cosa veramente grave è che se il contenuto discutibile di una trasmissione si misura sull’ascolto, è una tragedia. Io ho vinto su un punto: esiste ciò di cui si parla. Nessuno ha parlato del programma che ha vinto la serata in cui sono andato in onda io, il vincitore è stato occultato, il perdente è stato ovunque discusso; evidentemente erano felici della mia sconfitta e io sono felice della loro felicità”.
A sostenere questa tesi c’è anche Morgan, che interviene telefonicamente nella trasmissione. Il cantante ha commentato l’imperfezione di Sgarbi, intesa come “qualcosa di profondamente umano, legato all’artisticità“. ”Bisogna rispettare dei canoni televisivi ma è molto più semplice perfezionarli, piuttosto che imparare le cose che Sgarbi conosce come livello culturale. Penso che il suo contributo televisivo sia prezioso e andrebbe solo aiutato a confezionare il prodotto“ dice Morgan. Non è della stessa idea Alessandro Cecchi Paone, che da studio fa notare come nel programma sgarbiano siano mancate le basilari regole della tv: “Bisogna riportare in televisione gente che sa fare questo mestiere. Lì non ha condotto nessuno, questo è il problema. Senza conduttori si va a sbattere contro il muro“.
Iva Zanicchi, nella parte della telespettarice critica, annota che lo show di Sgarbi aveva “contenuti perfetti“, ma “troppi tempi morti, lunghi…“. Don Antonio Mazzi, nella parte dell’improvvisato autore televisivo, aggiunge invece che il professore avrebbe dovuto esordire commentando la discussa statua di Giovanni Paolo II inaugurata nei giorni scorsi a Roma.
In realtà lo Sgarbi che siede a Domenica Cinque appare ben consapevole che nel suo programma mancasse qualcosa. ”Io sto bene in una trasmissione in cui c’è tanta gente che parla e io che reagisco. Io non posso e non voglio condurre, lo trovo mortificante. Cecchi Paone sarebbe stato il conduttore giusto perché avrebbe contribuito ad equilibrare il tutto. Ho sbagliato” ammette il ciuffo ribelle.
Sullo schermo scorrono poi immagini dello Sgarbi piratesco, quello delle telerisse, degli scazzi memorabili con Mike Bongiorno o lo stesso Cecchi Paone. Quello che reagisce, appunto. Un amarcord grazie al quale tutti riconoscono il vecchio Vittorio, quello delle ‘capre’ e dei ‘taci’ strillati a raffica. Che bello, che ridere. E così il professore viene quasi perdonato per la sua debacle televisiva. Domenica è sempre domenica.
1. morgatta ha scritto:
22 maggio 2011 alle 17:53