Chi di inchiesta ferisce, di inchiesta perisce. Dopo anni di scoop, servizi al limite del consentito, candid camera e interviste irriverenti, stavolta a trovarsi in una posizione scomoda sono proprio gli artefici di alcuni dei reportage più scottanti della Penisola: quelli de le Iene di Italia1. Non è certo la prima volta che i “men in black” di casa Mediaset finiscono nei guai, ma in questo caso l’accusa è pesante tanto quanto lo scoop “incriminato”: falso reportage realizzato con l’ausilio di attori.
L’accusa è rivolta, nello specifico, a Luigi Pelazza per la bollente video-inchiesta sulla criminalità in Perù, trasmessa nella puntata del 29 settembre. Per chi l’avesse perso, il reportage raccontava la storia dei “Los Maltidos del la Mar Brava”, un sedicente gruppo di criminali peruviani coinvolto in narcotraffico, omicidi e sequestri di persona. Nel servizio, i malviventi spiegavano il come e il quando dei loro crimini, che avvengono sotto gli occhi della Polizia peruviana, rea di rimanere impotente osservatrice per la paura di subire ritorsioni. Con le armi in bella mostra, viso semiscoperto e un sequestrato sullo sfondo, i criminali avevano, alla fine, minacciato di morte l’inviato di Italia 1, nel caso avesse mostrato il video anche nel loro Paese.
In realtà, nonostante la promessa della Iena, il servizio si è presto diffuso in Perù per opera di Sétimo Dìa, un programma di approfondimento giornalistico del canale nazionale Frecuencia Latina, che ha denunciato la storia svelandone ogni retroscena. Immediata la reazione dell’autorità peruviana che ha prontamente aperto un’inchiesta sul capo della banda, Roger Zevallos Fernàndez. Se tempestiva, però, è stata l’azione della Polizia peruviana, inaspettata invece si è rivelata la confessione del boss, conosciuto anche come “El cholo chupa”:
“Non c’entro con nessun sequestro, è stato il giornalista italiano a pagarmi 500 nuevos soles peruviani (circa 130 euro) perchè inventassimo questa storia. Le armi che si vedono sono giocattolo, è stata tutta una messinscena”. “Eravamo fermi all’angolo – ha aggiunto un secondo componente della banda – ad un certo punto arriva una macchina e dal finestrino si sporgono delle persone straniere che ci propongono di fare un reportage su questa storia. L’ho fatto per necessità. Sono pentito.”
Dopo aver ascoltato gli uomini della banda, per il capo della Polizia locale la conclusione è una sola: il servizio realizzato dal giornalista italiano è un falso perchè il gruppo intervistato sarebbe composto unicamente da disperati, che in cambio di soldi racconterebbero qualsiasi cosa. L’inchiesta si conclude con le pubbliche scuse all’intero Perù da parte dei malviventi (attori?) e la denuncia alle Iene per falso reportage. Una accusa che pesa non poco, però, alla iena Luigi Pelazza, famoso proprio per le sue inchieste, che indignato ribatte con una controdenuncia:
“Se fosse stato tutto falso, con persone pagate da me perchè avrei mai scelto di mandarle in viso senza copertura? […] Ovunque in America Latina la Polizia viene pagata e ora fanno i paladini della giustizia, quelli che hanno scoperto la nostra truffa? Durante il servizio la banda che abbiamo intervistato ha dichiarato che nel suo quartiere la Polizia non entrava. Questo può aver dato parecchio fastidio”. […] Secondo i peruviani io sarei andato fino a casa loro, pagando degli “attori” per scoprire una cosa che tutti sanno, che lì ci sono bande di criminali e quartieri in cui non puoi mettere piede. Non vai fino in Perù per raccontare falsità. Domani manderemo in onda un servizio in cui mostreremo la verità, ovvero che i presunti “attori” sono dei criminali con precedenti penali”.
Fondato o meno, il sospetto è stato gettato e stavolta per le Iene, c’è poco da ridere.
1. lauretta ha scritto:
12 ottobre 2010 alle 18:32