Sul sito di Mediaset, il claim di Italia’s got talent recita così: “un programma che premia il genio e l’attitudine artistica”. Io dico che si son dimenticati di aggiungere, “di Maria”.
Dopo aver visto la prima puntata dello show, il mio pensiero era stato questo: ecco un altro programma in linea con la mostruosità dilagante, tendenza autunno-inverno dominante di questa stagione tv. Per risollevare gli ascolti della generalista, non era bastato il palestrato dislessico dell’Isola dei Famosi, l’uomo che s’infilza la spada nell’esofago allo Show dei Record, i bambini manichino di Ti lascio una canzone, le tette e i culi di Ciao Darwin, l’ottava della pupa Cipriani, i principi analfabeti, e i tronisti ottantenni. All’elenco, Italia’s got talent ha aggiunto la cubista ultra 60enne (mazza, com’è soda!), lo sfigato quarantenne vergine, il cantante macrocefalo, il ventriloquo (non se ne vedevano in tv dall’85) ma anche il ventriloquo ascellare (novità!), l’uomo-tigre con voce del maiale, l’ufficiale gentiluomo cesso e anoressico, la drag burlesque obesa, e i soliti casi umani che funzionano almeno quanto i down a C’è posta per te.
In questo contesto, lo slogan di Mediaset mi era sembrato assolutamente inappropriato finchè non ho visto anche la seconda e la terza puntata. Se per raggiungere il 27,42% della prima puntata erano serviti infatti personaggi estremi come quelli sopracitati, pare che ora il format sia ritornato alla sua natura di talent scouting. Il rapporto 10 mostri per 1 talento è sceso in favore di quest’ultimo.
Lo slogan, dunque, risulta oggi meno falso ma si deve aggiungere anche un altro ingrediente: Maria. Credo infatti che il successo di Italia’s got talent (clikkatissimi mostri a parte) sia dovuto sempre più ai suoi giudici e alla capacità ipnotica della De Filippi di inventare una storia per ogni concorrente, di fronte al quale, qui, si mostra finalmente umana.
Lo so, ogni volta che si parla bene della De Filippi, c’è sempre qualcuno che si scandalizza. Ma dobbiamo riconoscere la sua capacità di cogliere il lato spettacolare in ogni persona e la sua capacità di renderla personaggio, ridicolo o drammatico secondo i risvolti della personalità indagata. Solo così c’incolla al teleschermo il caso di un cantante insignificante che però sogna di diventare famoso per smarcarsi dalla povertà e dalla sofferenza. La materia umana diventa spectacular quanto il talento e quanto la mostruosità.
Ahinoi, tutto fa show nelle mani di Maria se poi non c’è arte, c’è sempre il bottone rosso che mette fine all’esibizione. E al sogno.
1. lauretta ha scritto:
27 aprile 2010 alle 20:11