28
novembre

Che drama, questi coreani

Somebody - Kang Hae-Lim

Somebody - Kang Hae-Lim

Squid Game ha sdoganato definitivamente le serie tv coreane, che ormai spopolano sulle piattaforme streaming con titoli sfornati a più non posso e dei generi più disparati. Non ci sono più solo i k-drama classici che il pubblico di nicchia sosteneva da anni, ora ci sono anche i polizieschi e i thriller ma l’impronta resta la stessa perchè c’è qualcosa che uniforma l’offerta: la malinconia e la solitudine dei protagonisti, con la loro difficoltà ad integrarsi nella società che li circonda… composta da oltre cinquanta milioni di abitanti.

Questo isolamento, la disperazione imperante dei personaggi coreani che in Squid Game era il cuore pulsante nonchè l’origine della narrazione, vive anche nelle new entry dell’ultimo mese. Partiamo da Il Crimine non va in Pensione, il cui titolo da commedia non deve trarre in inganno: la serie, nota anche come Shadow Detective e disponibile su Star - Disney +, racconta la storia di Taekrok (Lee Sung Min), un vecchio detective che sta per chiudere la propria carriera e finisce accusato di omicidio. A cercare di incastrarlo è qualcuno che vuole punirlo per un errore che ha compiuto in passato e così l’uomo è costretto a ripercorrere i casi di cui si è occupato nel tentativo di salvarsi la vita.

I tentativi di Taekrok di scoprire la verità gli danno un po’ di energia e lo scuotono dal torpore della sua triste quotidianità, fatta di solitudine, di una famiglia alla quale non appartiene più, della sua tendenza ad allontanare chiunque da sé e dalla voglia di sfidare sistematicamente il sistema: è talmente seccante, insomma, che si fatica a fare il tifo per lui.

Si potrebbe attribuire la mancata empatia anche all’assenza del doppiaggio in italiano, se non fosse che sentire parlare nella nostra lingua Kim Sum (Kang Hae-Lim), la protagonista femminile della serie Netflix Somebody, non aiuta granchè. Lei, nerd e sviluppatrice di app affetta dalla sindrome di Asperger, si muove in una piatta monotonia che intrappola lo spettatore, e quando comincia ad intrattenere una relazione virtuale (e non) con un serial killer, si comincia a dubitare della sua conclamata intelligenza.

La fatica di vivere che appartiene a Kim Sum è così enorme da spingerla oltre il buonsenso per trovare le emozioni che le mancano. E in questo viaggio agli inferi, fatto in teoria di eros, thanatos e violenza ma vissuto da lei con una neutralità che spegne tutto, troverà uno scopo, lo porterà avanti con una certa ostinazione e sarà anche capace di sorprendere lo spettatore, salvo poi scordare ogni guizzo e tornare alla depressione della sua quotidianità come se non potesse in nessun modo sottrarsi. Quantomeno, l’espressione tendenzialmente monocorde dell’attrice protagonista in questo caso ha una valenza narrativa dovuta alla patologia del suo personaggio.

Ultimo titolo rilasciato, che quantomeno è un drama dichiarato, First Love sempre su Netflix. La storia d’amore tra Yae Noguchi (Hikari Mitsushima) e Harumichi Namiki (Takery Satoh), che nasce durante l’adolescenza e il cui ricordo, una volta adulti, impedisce loro di andare avanti serenamente, più che rosa sembra grigia, perchè è così che loro vengono raccontati. L’amore li potrà salvare, ma per arrivare alla gioia ci saranno da affrontare nove episodi di eccessivi turbamenti e non troppi sorrisi.

In conclusione, nel mood coreano non c’è sfumatura narrativa che tenga: pur con tutte le buone intenzioni, la deriva melò, con conseguente annichilimento e scarsa voglia di andare fino in fondo per lo spettatore, è sempre dietro l’angolo.



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1 Commento dei lettori »

1. Adianes ha scritto:

30 novembre 2022 alle 09:13

Domanda doverosa: quanti kdrama avete visto fino adesso? Perché i kdrama sono tantissimi e spaziano tra tutti i generi: si trova la commedia romantica, il giallo, il thriller, l’horror, il drama, il fantasy e anche lo storico. Fare una recensione usando solo tre titoli (e nemmeno tra i più rappresentativi tranne Squid Game) è del tutto riduttivo. Solo su Netflix si trovano tanti titoli che si discostano molto da questa recensione (per non parlare di altre piattaforme come ad esempio Viki). Ultimo, ma non per importanza “First Love” non è coreano, ma giapponese (e si capisce subito anche solo dai nomi).



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