Il Concertone del Primo Maggio 2020, che concerto – di fatto – per ovvi motivi non è stato, ha costretto Ambra Angiolini ad una vera conduzione. Perché un conto è stare su un palco tra artisti e ospiti ad intrattenere una piazza in festa, un altro è condurre in uno studio televisivo deserto, in diretta, dove puoi solo fare una cosa: rivolgerti al telespettatore.
Un mestiere, quello del conduttore, improvvisato da molti ma fatto bene da pochi. Ambra lo ha vissuto come fosse la sua prova più grande; nessun suggeritore, nessun auricolare, soltanto un copione da seguire e una padronanza da mettere in pratica. I tempi di Non è la Rai sono lontani, eppure quando la Angiolini si affaccia sul piccolo schermo ritornano come una sorta di incubo:
“Con onestà posso dire che ora ho fatto finalmente pace con il mio mestiere d’esordio. Prima lo vivevo come la cosa di me da nascondere… dietro c’è un vissuto… insomma, era una cosa che mi premeva aggiustare ed è successo”
ha dichiarato l’attrice al Corriere della Sera, entusiasta per la riuscita di questa edizione del Concertone, che ha incollato venerdì sera su Rai 3 2.267.000 spettatori, pari all’8.7% di share. Dunque, dice di aver fatto pace con il mestiere d’esordio e in parte ha ragione, considerando che le son servite quattro ore di diretta per scrollarsi di dosso un’agitazione iniziale a tratti persino fastidiosa. Sembrava stesse conducendo una puntata di Amore Criminale o recitando lo stato d’animo dell’Italia in questo periodo, invece portava involontariamente in scena la sua ansia, che ha radici evidentemente ben più lontane della pandemia.
Ora sembra averci (ri)preso gusto con la TV e non nasconde il desiderio che possa tornare nella sua vita al di là del Primo Maggio:
“La sensazione di benessere che ho rivissuto la voglio portare nel mio futuro, poi si vedrà. Intanto si è risolta una cosa che risolta non lo era per niente”.
E oggi come allora il merito va a chi l’ha guidata in questo mondo, Gianni Boncompagni:
“E’ stato pazzesco rendermi conto di come mi sia sentita guidata da un signore che non c’è più, ma che mi ha insegnato a farmi forza delle difficoltà: tutte le sue lezioni sono tornate a galla. Grazie a Boncompagni, che citavo di continuo, le difficoltà non mi hanno spaventata”.
Prossimo scoglio, magari, l’effetto simpatia, con il quale non deve fare pace ma trovare semplicemente un punto d’incontro. La strada, in tal senso, sembra essere quella buona:
“A 15 anni non ho scelto niente, ma qui ho condiviso ogni cosa e abbiamo lasciato i capricci a prima della quarantena. Chiusi in uno sgabuzzino che non vorrei riaprire più, visto che, mi rendo conto, mi hanno fatto perdere tanto tempo in cui potevo, semplicemente, lavorare“.
1. Marco Urli ha scritto:
3 maggio 2020 alle 14:54