Non ho mai incontrato tante difficoltà nello scrivere un pezzo come questa volta.
Un post che dovrebbe essere allegro e dovrebbe festeggiare un traguardo, ma che allegro e celebrativo non sarà.
Ogni compleanno mi porta a fare dei bilanci su ciò che è stato fatto negli anni precedenti e, potrà non sembrarvi vero, ma l’eccesiva severità che ho in primis nel valutare me stesso mi porta ad essere quasi sempre insoddisfatto di ciò che realizzo.
Da quel pomeriggio del 20 febbraio del 2006 sono passati due anni. Un pomeriggio nel quale decisi, chiudendo il mio libro di diritto processuale civile, di inseguire un sogno. E mai avrei pensato che quel libro non l’avrei riaperto mai più.
Purtroppo sono un passionale e sentivo che era arrivato il momento, nonostante la brillante carriera accademica, di impegnare tutto me stesso per realizzare ciò che sin da bambino avevo desiderato : fare televisione. Se non l’avessi fatto, avrei potuto richiudere il cassetto che custodiva questo sogno, gettando la chiave!
Vedevo nel blog lo strumento migliore per iniziare un’avventura, avvicinarmi ad un mondo che mi sembrava così distante da apparire quasi irraggiungibile. Ma non mi spaventava… le sfide, soprattutto quelle con me stesso, mi hanno sempre esaltato e fornito quella carica necessaria per affrontare anche la più ripida delle salite.
E a distanza di due anni, voltandomi indietro, dovrei dichiararmi assolutamente soddisfatto per il cammino intrapreso e per i risultati raggiunti. Ho avuto l’opportunità di entrare a mio modo in quel mondo tanto distante, di conoscerne i meccanismi e gli artefici, di condividere progetti in fieri con chi vedeva in me una giovane leva e, soprattutto, di poter condividere con tanti lettori, ai quali mi sono sinceramente affezionato, l’entusiasmo per un nuovo programma in arrivo o la delusione per un altro che invece chiudeva i battenti.
Ma felice e soddisfatto non sono.
La mia straordinaria capacità di “arrivare” è, probabilmente, la mia più grande rovina perchè purtroppo non riesco a nascondere l’orgoglio e la fierezza di aver raggiunto un traguardo. Un orgoglio e una fierezza che mi fanno apparire per ciò che non sono e mi portano ad attirarmi con esemplare maestria le antipatie di quelle persone con le quali vorrei condividere un successo.
Un orgoglio e una fierezza che nascono dalla consapevolezza di essere una persona sorprendentemente normale che vede ancora in uno studio televisivo, in una chiamata a colloquio da un produttore o in una serata mondana in qualche locale modaiolo un motivo di gioia e, se vogliamo, anche una fortuna per il semplice fatto di non rappresentare, nonostante le apparenze, la regola.
Da ingenuo quale sono, mi sono avvicinato alla televisione con la certezza che tutti quei luoghi comuni che vedono le carriere televisive in modo “distorto” fossero creazioni dell’immaginario collettivo e frutto dell’invidia di chi non riusciva a realizzare i propri desideri.
Ma mi sono dovuto ricredere. E di colpo, in alcune occasioni, tristi occasioni, mi sono bruscamente risvegliato da un sogno che dura incessantemente da due anni. Un sogno nel quale, però, ricado con incredibile facilità quando le emozioni prendono il sopravvento e l’irrazionalità scavalca la ragione. Emozioni come quelle che riescono a far illuminare i miei occhi all’avvicinarsi di quella torre che custodisce i miei sogni o altre che riescono a farmi sudare le mani e a far contrarre il mio cuore quando, durante l’apertura di un grande show, il conduttore fa il suo ingresso trionfale in studio. Emozioni che difficilmente le parole possono rendere, simili a quelle di un bambino che guarda per la prima volta i fuochi d’artificio.
Tante, troppe volte in questi due anni mi è stato fatto assaporare il gusto d’avercela fatta.
Con mio stupore, si sono succedute proposte lavorative che mi avrebbero dovuto veder debuttare come un lavoratore dello spettacolo e sono arrivate, direttamente o indirettamente, da quel luogo in cui, come scrivo io, un tempo sorgevano degli studi cinematografici e che successivamente si trasformò in uno dei più fertili CPTV d’Europa.
E la mia ingenuità mi ha portato ad illudermi con troppa facilità, senza considerare che probabilmente dietro “quelle proposte”, alcune allettanti, altre meno, potevano esserci motivi diversi. Motivi che non conosco perchè non mi sono propri ma che ben appartengono a chi lavora in un mondo per il quale forse non sono tagliato perchè portatore di “valori” che disconosco e che credevo fossero frutto delle elucubrazioni mentali di chi non riusciva a farcela.
Ma in questi due anni, ho capito la rabbia e la disperazione di tutti coloro i quali non riescono a farcela e la stima nei confronti di chi è destinato a rimenere nell’ombra pur valendo cresce.
E per quanto mi riguarda sono stanco. Stanco di portare avanti una guerra piuttosto che una condivisione. Stanco per dover combattere per il semplice fatto di aspirare a lavorare in un ambiente in cui, per “contratto”, si devono sferzare colpi bassi. Stanco di incattivirmi per dover cercare di districarmi in un “sistema anomalo” e deluso per non avere il sostegno di chi mi legge quotidianamente.
Speravo almeno che chi sceglieva di avvicinarsi a questo blog potesse esser pronto a gioire per un progetto che, anche grazie a loro, ha assunto dimensioni che mai avrei immaginato. Persone disposte a far proprio un piccolo grande successo. Ma al “coraggio” di leggere davidemaggio.it, non sempre corrisponde il “coraggio” di far sentire la propria “voce” tramite un commento. Su queste pagine, si avvicendano quotidianamente migliaia di visitatori, una gran parte dei quali proviene da quei luoghi dei quali parliamo quotidianamente ma che preferisce fare le proprie considerazioni in privato. Altri, invece, sono pronti a dire la propria per il fatto d’essere su posizioni differenti e per il gusto recondito di poter smentire considerazioni che dovrebbero semplicemente dar luogo ad un confronto e non a piccole battaglie mediatiche. Resta poi quel piccolo gruppo di “aficionados parlanti” che fortunatamente mi dà lo stimolo a proseguire. Uno stimolo che, sarò sincero, tantissime volte negli ultimi mesi è venuto meno e che mi ha fatto pensare più volte a mettere un punto fermo.
Un punto fermo che forse arriverà presto.
Concludo facendomi un regalo e ripetendomi, questa volta egoisticamente, una frase che difficilmente scorderò, arrivata del tutto inaspettatamente da una persona che stimo profondamente proprio in quel luogo in cui i miei occhi si illuminano :
“Se non lavori tu in televisione, chi ci deve lavorare”.
Tanti auguri a me!
Perdonate la parentesi personale, e se volete… entriamo nel terzo anno.
1. vicio80 ha scritto:
20 febbraio 2008 alle 16:37