La fiction italiana ci ha insegnato che si può raccontare tutto con leggerezza senza per questo perderne in credibilità o veridicità, basti pensare a La Mafia uccide solo d’Estate per averne l’esempio più eclatante. Sarà per questo e per il fatto che gli anni ’60, televisivamente parlando, sono da sempre sinonimo di sorriso, ma Di Padre in Figlia all’esordio è risultato ostico ed eccessivamente drammatico per essere gustato davvero.
Di Padre in Figlia: un racconto all’esordio troppo drammatico e pesante
Va bene il racconto crudo di un patriarcato irrispettoso e becero, ma cominciare una prima serata a suon di urla, sesso spicciolo, violenza psicologica e bambini spariti nei boschi crea un carico d’angoscia che difficilmente passerà con l’andare avanti della puntata. E infatti questo debutto è stato troppo pesante, a fronte di una storia corale ben più ricca di sfaccettature e sulla carta foriera di speranza. Roba che, prima di vedere il seguito, verrebbe da farsi un grappino (tanto per restare in tema).
La storia della famiglia Franza in prima battuta è sembrata infatti una di quelle destinate a scatenare frustrazione e basta: un padre padrone ignorante e con una morale tutta sua, una moglie succube ed infelice, una figlia fiera ed intelligente che vive nella continua mortificazione ed un’altra che usa il fascino per ottenere tutto da uomini capaci solo di comandare ma non di capire.
Ma è una storia destinata a cambiare, come la trama promette, e dunque in questa circostanza specifica sarebbe forse stato utile ricorrere a quell’espediente che in troppi usano nel racconto filmico a volte senza una reale ragione, ovvero il flashback: partire dal futuro, cioè dal superamento dei limiti e delle ingiustizie, per poi tornare indietro a raccontarli avrebbe forse pagato di più e reso più godibile il prodotto che, per il resto, è stato confezionato a dovere.
Di Padre in Figlia: Boni e Capotondi nei loro ruoli tipici
Il cast è ineccepibile e gli interpreti giusti per i propri personaggi, nel caso dei due principali perfino “troppo”: Alessio Boni è impegnato in uno di quei ruoli “nervosi” in cui sa calarsi con estrema convinzione e Cristiana Capotondi dà vita ad una ragazzina molto più giovane di lei come sovente capita – forse per una questione di aspetto – ma con la quale risulta credibile come non le accade in altri contesti.
A spiccare su tutte sono però le prove di Stefania Rocca e Francesca Cavallin, la cui storia nella storia – l’amicizia nata tra una donna e la prostituta con cui il marito si intratteneva – è forse l’elemento più originale dell’intera fiction.
1. andrea ha scritto:
19 aprile 2017 alle 14:59