Dopo la sfortunata miniserie L’Oriana, dedicata alla figura della scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, la tv di Stato torna a proporre al suo pubblico una biografia. Questa sera e domani in prima serata su Rai1 andrà in onda Pietro Mennea – La Freccia del Sud, miniserie in due puntate nella quale, a distanza di due anni della sua scomparsa, si ricorderà il grande velocista pugliese. A dare il volto ad uno dei veri e propri miti dell’atletica leggera italiana è Michele Riondino, noto al pubblico televisivo per il ruolo de Il Giovane Montalbano (presto in replica, in attesa della nuova stagione). Dietro la macchina da presa Ricky Tognazzi, già regista della contestata biografia televisiva su Enzo Tortora.
La fiction è prodotta per Rai Fiction dalla Casanova Multimedia di Luca Barbareschi, presente nel cast con il ruolo del tecnico Carlo Vittori, l’allenatore che più di ogni altro fu vicino al campione. Elena Radonicich interpreta invece la moglie Manuela, la donna della sua vita, mentre Gian Marco Tognazzi veste i panni di Masi, il funzionario FIDAL spesso in conflitto con l’atleta. Nel cast anche Nicola Rignanese e Lunetta Savino nel ruolo dei genitori di Mennea.
Pietro Mennea – La Freccia del Sud racconterà dunque la storia del più grande velocista della storia dell’atletica italiana, primatista mondiale dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 con il tempo di 19”72, tutt’ora record europeo, e Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca del 1980. Un atleta, Mennea, che ha fatto dei valori e dei principi etici legati allo sport la sua bandiera. Ma quella della “Freccia del Sud” è soprattutto la storia di un atleta determinato e ostinatamente tenace che con impegno, sacrificio e forza di volontà, è riuscito a spingersi oltre i limiti fisici senza fermarsi mai nel suo percorso.
Pietro Mennea – La Freccia del Sud: foto
Pietro Mennea – La Freccia del Sud: trama
Olimpiadi di Mosca, 1980. Pietro Mennea è ai blocchi di partenza per la conquista della medaglia olimpica. In un attimo, tutta la sua vita gli scorre davanti.
Barletta. Molti anni prima. Pietro va a scuola, aiuta il padre Salvatore, umile sarto e soprattutto corre già più veloce di tutti. È una corsa che esprime l’energia di vivere e la solarità meridionale tarpata in un carattere timido. Almeno finché non è notato dai dirigenti di una Polisportiva locale, la Avis Barletta. Qui il talento di Pietro trova finalmente una strada e la sua esplosività un metodo. È in occasione di una trasferta dell’Avis che Pietro vede correre e vincere alle Olimpiadi di Città del Messico ‘68 l’atleta nero Tommie Smith.
Dallo schermo della tv lo vede alzare al cielo il suo pugno chiuso. Il destino di Pietro è segnato. E il giorno dopo, fatale coincidenza, Pietro corre sotto lo sguardo di Carlo Vittori, il miglior tecnico federale italiano. Pietro vince. E di lì a pochi giorni Vittori lo richiama per proporgli di allenarsi con lui a Formia nella Scuola Nazionale di Atletica “Bruno Zauli”, un centro di eccellenza dove si formano i futuri campioni. La madre Vincenzina si oppone alla decisione di Pietro di intraprendere un futuro incerto nello Sport e, in un diverbio acceso, scaglia contro il figlio un bicchiere che resiste all’urto ma si scheggia; Pietro le intima di conservarlo per brindarci quando le porterà una medaglia d’oro olimpica.
A Formia, Vittori studia Pietro, il suo talento, la forza di volontà superiore alla norma. Lo spinge in allenamenti faticosissimi, ripetute con carichi pesanti come i copertoni delle macchine. In questo periodo Pietro conosce Carlotta, che col suo carattere solare gli fa perdere la testa. Mentre l’atletica mondiale è concentrata sull’astro russo Valerij Borzov, Pietro inizia ad affermarsi conquistando nel 1971 il record italiano sui 200 piani. A Monaco ’72 il totem è Borzov. Pietro corre, ma si classifica terzo. Un ottimo risultato, ma la sua inquietudine, il suo perfezionismo gli impediscono di godere di questo importante traguardo.
Monaco lo sottopone a una prova ancora più difficile: un gruppo di terroristi palestinesi appartenente a Settembre Nero sequestra e uccide undici atleti israeliani. Per Pietro è uno choc. Torna in Italia attraversato da dubbi, stordito. Carlotta non lo aiuta. Pietro misura la distanza fra la superficialità di lei, abbagliata dallo scintillio delle medaglie, e il senso più profondo che vuole dare al suo futuro. Con Vittori ritrova fiducia e riprende ad allenarsi con tenacia e sacrificio. Ora è pronto per affrontare di nuovo Borzov. E l’occasione arriva con gli Europei di Nizza ’75: stavolta lo batte ed è primo sul podio. Ma non basta. Pietro decide che per completare la sua dimensione di uomo deve studiare e si iscrive all’università. Lì incontra Manuela, una ragazza che alla bellezza unisce una profondità che Pietro non aveva mai incontrato e se ne innamora.
1. Giuseppe ha scritto:
29 marzo 2015 alle 18:00