L’espediente del bambino che nasce forte e sano ma viene spacciato per morto, o che nasce morto e viene spacciato per vivo, lo conosciamo già. Senza tornare alla notte dei tempi ma restando in clima di telenovelas e soap opera dei giorni nostri, lo abbiamo visto in Beautiful con Amber, ma anche nella brasiliana Terra Nostra nella quale la povera Giuliana ritrovava il suo Juanito molti anni dopo vivo ma per poco, visto che una malattia glielo portò via (la verità è che poi, nel finale di serie, lo trovò vivo per la seconda volta ma inspiegabilmente la scena nella versione italiana è stata tagliata).
Anche a Pepa (Megan Montaner), protagonista della nuova telenovela di Canale 5, Il Segreto, succede la stessa cosa: Carlos, il padre del suo bambino, glielo porta via mentre lei dorme, scambiandolo col figlio nato morto alla moglie Elvira. Il che apre una serie di domande senza fine, del tipo: non è una coincidenza eccessiva che due donne incinte dello stesso uomo partoriscano proprio lo stesso giorno alla stessa ora? Come faceva l’Elvira fuori di testa a pretendere dal marito lo scambio, pena la perdita della ricchezza, e a sapere che Pepa aveva appena partorito se la poveretta era da sola in mezzo alla neve senza qualcuno che l’aiutasse? Come ha fatto poi Pepa, ancora sporca di sangue e debole, a passare inosservata a tutti tornando in camera di Elvira e scambiando per la seconda volta i neonati prima di essere cacciata a calci?
Improbabili escamotage a parte, la telenovela spagnola si distingue per alcune caratteristiche. Innanzitutto il fatto che, pur strizzando l’occhio per ambientazione e costumi alla tradizione sudamericana, la fotografia regala modernità alla serie preservandola da quell’aurea fuori dal tempo che conservano le antesignane. Dalle quali ruba però uno dei tratti migliori ovvero la velocità del racconto: tra la prima e la seconda puntata c’è un salto temporale di sei anni e, sperando di arrivarci, tra la prima e la seconda serie altri sedici. Tutt’altra storia rispetto al nostro CentoVetrine in cui una cena può durare anche una settimanella buona.
Ben caratterizzati i personaggi e con i volti giusti. Soprattutto la protagonista Pepa che, a differenza di ciò che accade di solito, non viene presentata come la povera fanciulla innocente che resta impietrita e disperata dinanzi agli eventi ma sa il fatto suo: ha una certa piccola dose di ambizione e scaltrezza e, ci metteremmo la mano sul fuoco, troverà modo e maniera di vendicarsi. Ancora poco mostrato Tristan (Alex Gadea), il protagonista maschile, che però, stando alle anticipazioni che abbiamo, si rivelerà essere sì di buon cuore ma uno che ama stare con il piede in due scarpe, come tutti gli uomini secondo le convinzioni di Pepa. Proprio quest’ultima è il fulcro supremo di questa storia al femminile perché, da levatrice esperta, sa che le donne hanno in sé tutto il male e tutto il bene del mondo, apologia che il parto rappresenta.
In un vortice di ingiustizie e sentimenti apocalittici in questo inizio di ‘900 c’è spazio anche per l’amicizia e i buoni sentimenti. Nel complesso un esordio convincente, ma la strada per la felicità è lunga: ben 637 episodi all’alba (seconda serie inclusa).
1. bakmor ha scritto:
11 giugno 2013 alle 18:19