La prima serata del martedì di Premium Crime (DTT pay, canale 313) ha fatto spazio, da ormai qualche settimana, a una novità in equilibrio tra crime e family drama. Mentre l’atteso duo Conti-De Filippi si accingeva a esordire sul palco dell’Ariston, sulla rete tematica pay di Mediaset si alzava infatti il sipario su Animal Kingdom, promettendo azione e un alto tasso di coinvolgimento nell’esplorare il cuore della criminalità californiana. Giunta al quarto episodio, però, l’impressione è che questa serie già rinnovata da TNT per una seconda stagione fatichi a onorare il livello del genere.
Animal Kingdom: la trama
Ispirata all’omonimo film australiano del 2010, la trama prende avvio a Oceanside, in California, dove il diciassettenne Joshua “J” Cody (Finn Cole) si ritrova abbandonato a se stesso dopo aver perso la madre per un’overdose di eroina. Nel rimettere insieme i pochi frammenti di famiglia rimasti, J è costretto a ricucire i rapporti con la nonna, Janine “Smurf” Cody (Ellen Barkin), che lo accoglie insieme agli zii. Una vita lussuosa e spinta all’eccesso, la loro, dietro cui si cela la ben più oscura gestione di un’organizzazione criminale. J sarà così inevitabilmente travolto da un vortice di corruzione, violenza e pericolosi segreti, dovendo ben presto adeguarsi alla lotta per la sopravvivenza, onde evitare di soccombere alla legge della spietata giungla in cui è stato catapultato.
Animal Kingdom: un racconto ricco d’azione, dove i protagonisti faticano a emergere
Azione e coinvolgimento, dicevamo, sono le cifre su cui Animal Kingdom ha basato la sua premessa. Ma se l’una è più che tangibile, dell’altro rimangono poche tracce, poiché oscurato dall’eccessiva attenzione per il continuo oltrepassare i limiti dell’etica e della legalità. Il nucleo di personaggi irascibili e morbosi (animaleschi, appunto), il rapporto quasi incestuoso con Smurf (interpretata dalla bionda Ellen Barkin di The New Normal) e il conflitto interno al giovane J, che li osserva dall’esterno tra attrazione e repulsione, rimangono dunque soltanto in superficie, utilizzati da un racconto che sembra più voler stupire che creare intensità. Con poco pathos e tanta insoddisfazione sia arriva così al termine degli episodi, convinti che Animal Kingdom non riesca ancora a pareggiare il livello ormai raggiunto dalla serialità crime (Gomorra compresa), che ha individuato proprio nella profondità dei suoi personaggi (positivi o meno essi siano) la leva più efficace per smuovere le emozioni.