Basta polemiche. Rosario Rinaldo, numero uno di Cross Productions, società produttrice della serie insieme alla Rai e Beta Film, ci ha scritto una lettera in cui dice la sua sul polverone suscitato dalla fiction Rocco Schiavone (qui le anticipazioni della prossima puntata – qui la nostra pagella – qui la nostra recensione) . In particolare, nei giorni scorsi, infatti, hanno fatto molto discutere le dichiarazioni dell’onorevole Gasparri (ma non solo), scandalizzato dall’abuso di droghe leggere da parte del personaggio.
Ecco la missiva di Rinaldo.
Gentile Direttore,
adesso che le polemiche su “Rocco Schiavone” sembrano sopite ci sono meno rischi di essere fraintesi. Vorrei per questo provare ad esporre il punto di vista di chi ha materialmente realizzato o “organizzato” la produzione e che l’ha anche finanziata assieme a Rai Fiction e alla tedesca Beta Film. Cioè la Cross Productions. “Rocco Schiavone”, la serie che è in onda su Rai 2 e che per la seconda volta vince l’auditel della serata, in queste settimane è stata tacciata di essere immorale, un cattivo esempio e lesiva dell’immagine della Polizia di Stato. Per questo motivo non avrebbe dovuto essere programmata in prima serata. Secondo i detrattori sarebbe stato opportuno collocarla in fasce orarie meno frequentate e quindi più “nascoste” alla vista delle persone più moralmente vulnerabili e sprovvedute, perché culturalmente più indifese. Quindi quelle persone, cioè, che, secondo i detrattori, frequentano notoriamente la prima serata delle televisioni generaliste di Stato. Si tratta comunque a mio avviso di un paradosso. Ma anche se fosse così, a rassicurare i moralizzatori vengono in aiuto i dati d’ascolto che rimarcano proprio una forte presenza di pubblico di elevata formazione culturale.
Ma veniamo all’argomento che ci sta più a cuore e che ci coinvolge più direttamente come produttori. Sono state tirate in ballo l’etica e la morale e chi lavora in Cross sa che l’etica è al primo posto. Non quella banalmente contenutistica però, bensì quella del fare e del tentare di far bene il proprio lavoro ad ogni costo. Costo economico oltre che organizzativo. “Rocco Schiavone” è il frutto di questo lavoro collettivo e ne siamo orgogliosi. Tuttavia, per rispetto di chi riteniamo lavori con altrettanto impegno etico, rispondo all’unica domanda che è andata al di là delle mere opinioni espresse e si riferisce alla correttezza di un comportamento: la Polizia di Stato era stata informata oppure no dell’intenzione di realizzare la serie televisiva in oggetto? Sicuramente sì. Primo, perché quando si tratta di girare scene che prevedono l’impiego di mezzi della Polizia ci si rivolge ad essa per ottenerli, e secondo, perché i libri di Antonio Manzini erano in quel momento già un tale successo da essere considerati un vero e proprio caso letterario noto a tutti. Ad ogni buon conto abbiamo comunque sottoposto agli uffici competenti alcune sceneggiature e, come in fondo prevedevamo, ci è stato risposto che i contenuti erano tali da non rendere opportuno un supporto della Polizia. Divise, mezzi e ambienti sono stati dunque ricreati.
Detto questo, vorrei una volta tanto approfittare dell’occasione per dire quanto siamo fieri non solo di aver prodotto “Rocco Schiavone”, ma di fare proprio il mestiere che facciamo. Con il senso di responsabilità necessario a chi sa di rivolgersi a milioni di persone, raccontando storie e personaggi certo di fantasia, ma pur sempre testimoni di realtà complesse. Sì, apparteniamo proprio a quella categoria, i produttori, che per anni e anni, troppi anni, è passata e forse ancora oggi passa per essere figlia di un dio minore della grande Industria. Fatta di gente che vive di espedienti, che, pur di “arraffare” quanti più soldi è possibile da questa o quella Televisione, è disposta a qualunque “marchetta” (si dice così nel crudo gergo cinematografaro).
Difficile dimostrare il contrario, nella condizione in cui questa categoria di imprenditori ha operato in Italia per troppi anni. In assenza, cioè, di un mercato veramente competitivo e costretti a subire una domanda pressoché univoca e autoritaria. Questi imprenditori, però, hanno tenuto duro e nel corso di questi anni hanno saputo migliorare comunque le loro capacità produttive.
In effetti oggi, non appena il mercato (ma per onestà e serietà diciamo in particolare la Televisione di Stato) gliene ha dato la possibilità, hanno immediatamente dato segni di vitalità, creatività e potenzialità competitive anche sul fronte internazionale. Vedi “I Medici”, “Gomorra” o lo stesso “Rocco Schiavone”. C’è un dato che mi ha sempre impressionato e che riporto spesso ai miei collaboratori: l’industria italiana dell’audiovisivo fino a tutti gli anni Settanta e primi Ottanta è stata la seconda al mondo dopo quella americana. Poi c’è stato il “duopolio”. Nulla e nessuno può impedirci di tornare ad esserlo, ma serve un vero mercato, una domanda interna il più possibile diversificata che trasformi quel poco che oggi si riesce a fare ancora solo grazie al coraggio e alla capacità professionale di questo o quel funzionario televisivo, in reale necessità di sistema. La vivacità e la ricchezza del mercato audiovisivo interno sono l’unica condizione per trasformare quella che oggi in Italia è ancora soltanto una buona intenzione in un dato di fatto: la capacità di competere sui mercati internazionali.
Rosario Rinaldo
1. Fiorina sangemi ha scritto:
25 novembre 2016 alle 16:41