I Dieci Comandamenti non hanno filtri, né artifici retorici. Sono infatti i volti, gli occhi e le testimonianze dei protagonisti stessi della realtà – gente comune e per questo straordinaria – a comporre lo spaccato verace proposto ogni lunedì sera dal programma d’approfondimento di Rai3. E a Domenico Iannacone, abile tessitore di questo racconto, spetta il compito di cogliere e di far emergere le sfumature più autentiche e talvolta aspre offerte dall’attualità italica.
Il giornalista molisano ha il pregio di spingersi al di là dell’orizzonte generalmente esplorato, per arrivare a documentare situazioni particolari e a volte pure scomode, di cui spesso il telespettatore ignorava l’esistenza. Aiutato da un montaggio a metà tra inchiesta e docu-film, Iannacone esplora luoghi e persone, distinguendosi per una sana ossessione per la componente umana, che egli approfondisce grazie ad un’invidiabile capacità di entrare in sintonia con i suoi interlocutori.
Nella puntata di ieri (21 novembre) I Dieci Comandamenti hanno affrontato il tema della terra e del suo sfruttamento. Il conduttore è andato in Puglia, dove ha documentato il fenomeno del caporalato, una specie di nuova forma di schiavismo fatta passare sotto silenzio e a volte persino negata. Ha incontrato uomini e ragazzini – “presenze non presenze, senza identità” – costretti a massacranti lavori nei campi e a condizioni di vita indecorose in cambio di pochi euro al giorno. Un’umanità negata in nome di un’agricoltura che “quando smette di raccontare e inizia a massimizzare i profitti è morta“.
“Il pomodoro che metti sulla pasta viene dalle nostre mani. Se noi non li raccogliamo tu cosa mangi?” dice un ragazzo nero al cronista, porgendogli i frutti del suo lavoro. Giocando con abilità sui contrasti e sulle contraddizioni – come accade spesso nel programma – Iannacone ha poi presentato la storia di Alice, giovane donna che ha lasciato un lavoro sicuro e di successo per coltivare riso nel rispetto della natura e della biodiversità. Una scelta in controtendenza: “voglio tramandare una terra più sana possibile al prossimo“.
A trarre le conclusioni al termine della puntata non sempre è Iannacone: spesso il compito spetta al telespettatore. Perché un reportage ben fatto contiene già tutti gli spunti necessari. In tempi di ossessioni referendarie e di toni urlati, incattiviti (che sviano puntualmente l’attenzione sui problemi reali), I Dieci Comandamenti si confermano uno spazio franco di ‘inchieste morali‘. Ma non moralistiche.