Il talk show è in crisi, si sa. Ma anche la satira politica non se la passa bene. Di questi tempi, infatti, le faccende ed i maneggi della classe dirigente non godono di particolare interesse: in tv è meglio parlarne per un tempo ridotto, sennò il pubblico si annoia e cambia canale. Tale fenomeno ha trasformato gli approfondimenti d’attualità, ma anche gli show comici. Ne sa qualcosa Maurizio Crozza, che ieri sera è tornato su La7 con una versione riadattata del suo Crozza nel Paese delle Meraviglie.
Per la nuova stagione, il comico non ha cambiato formula (il suo programma ormai non sorprende) ma ha piuttosto rimaneggiato i contenuti. A meno di due mesi dal referendum costituzionale, ma anche in piena campagna per le Presidenziali Usa, ci saremmo aspettati un Crozza spietato e straripante sul fronte della satira politica. Botte a destra e a manca, senza sconti a nessuno. Al contrario, il comico genovese ha contenuto gli spazi dedicati allo sberleffo politico in senso stretto, preferendo piuttosto l’ironia su alcuni fenomeni sociali trasversali.
Crozza ai politici ha riservato solo un buffetto. Lo showman imitato per la prima volta Alessandro Di Battista, rappresentandolo come un super robot in grado di aizzare le folle grilline con slogan urlati (“La mangiatoia è finita!“). Poi ha pronunciato un breve monologo sul referendum costituzionale ed ha lanciato un video musicale con protagonista il finto Renzi. Sipario: fine della parte politica. In tutto, meno di 30 minuti.
Per il resto della trasmissione, il comico ha ironizzato su fenomeni di costume come i rich kids e i balletti di Gianluca Vacchi, passando per la polemica di Flavio Briatore sulla Puglia e per l’imitazione di Paolo Sorrentino. Crozza si è infine trasformato in Napalm 51, un leone da tastiera che fuori dalla realtà virtuale è un fannullone privo di iniziativa. Uno spunto molto azzeccato, quest’ultimo, in tempi in cui il sentimento dell’odio viaggia e si alimenta sulla rete, talvolta con esiti tragici.
Così come avviene in ormai in molti programmi (a partire da talk come diMartedì), Crozza ha compresso la parte politica per esplorare nuovi ambiti. Lo aveva fatto in parte anche l’anno scorso, ma ora la scelta sembra più marcata in termini di scaletta.
Che un comico rinnovi il proprio repertorio è auspicabile – e Crozza lo ha fatto con intelligenza – ma se questo avviene a discapito della satira politica (che in Italia già scarseggia) non è un segnale incoraggiante. Il ruggito libero del satiro rischia di trasformarsi solo in simpatico miagolio.