“La Rai mi può licenziare. Il Pd, con tutto il rispetto, proprio no“. Massimo Giannini ha fatto la voce grossa. E stavolta ne aveva tutto il diritto. Ieri sera il conduttore di Ballarò ha risposto alle polemiche sollevate da alcuni esponenti Dem dopo la puntata della settimana scorsa, quando il giornalista – utilizzando una metafora – aveva parlato di “rapporti incestuosi” in merito alla vicenda di Banca Etruria. Per quell’espressione, qualcuno arrivò addirittura a chiedere il licenziamento dell’anchorman, che ieri in diretta ha replicato così.
“E’ penoso che, per contestare un programma che evidentemente si considera ‘fuori linea’, si usi un argomento così strumentale e si trasformi in un’offesa personale al ministro Boschi una frase che, per il significato e il contesto in cui è stata pronunciata, non poteva e non può prestarsi ad alcun equivoco. Ho parlato di ‘rapporti incestuosi’ per definire un groviglio di relazioni politiche, affaristiche e finanziarie molto più larghe della cerchia ristretta della famiglia Boschi, e del tutto privo del significato letterale che Anzaldi e gli altri esegeti del Partito Democratico hanno voluto leggervi. Lo ha capito chiunque e lo capirebbero tutti. Ma nel Pd c’è chi fa finta di non capire, e utilizza questo episodio come una clava contro Ballarò, vezzo peraltro non nuovo (…) Ma non capisco proprio di cosa dovrei chiedere scusa pubblicamente, dal momento che, come si direbbe nel gergo dei tribunali, il fatto non sussiste“.
Questo uno dei passaggi più significativi dell’editoriale che Giannini ha dedicato ai suoi detrattori politici. Il giornalista ha poi bollato la vicenda come l’ennesimo “paradosso” di un Palazzo che perde tempo a sollevare polemica e che non si dedica ai veri problemi. Lo stesso Palazzo che – aggiungiamo noi – aveva promesso di estromettere la politica dalla Rai.
Poi la stoccata finale del conduttore, riservata direttamente al Pd, che in altre occasioni aveva sbertucciato (più o meno strumentalmente) Giannini.
“Non spetta alla politica decidere i palinsesti, non spetta ai partiti decidere chi può lavorare nella più importante azienda culturale di questo Paese. A meno che non si debba dare ragione a Roberto Saviano quando scrive: ‘ciò che sotto Berlusconi era inaccettabile, adesso è grammatica del potere’. La Rai mi può licenziare, il Partito democratico, con tutto il rispetto, proprio no“.
1. Stefano ha scritto:
3 febbraio 2016 alle 11:50