Mediaset e Magnolia stiano tranquille. Il titolo non vuol essere una critica sintetica dell’Isola dei Famosi 2015; è piuttosto un riferimento alla fallocentricità che ha tenuto banco soprattutto nelle prime puntate del reality: una sagra del doppio senso quasi scontata se inviti a concorrere Rocco Siffredi, che non è (quasi) mai scaduta nella volgarità, ma correva più realistiscamente il rischio di trasformarsi presto in stucchevolezza.
Rischio scongiurato nonostante un debole cast di semifamosi (ah, la spending review!) che ha offerto pochi spunti per accendere lo show e quei pochi che ha fornito sono stati smorzati sul nascere, come in un Grande Fratello qualsiasi. Il vero ‘problema’ della decima edizione, infatti, è senza ombra di dubbio la conduzione. Ci si ostina a voler affidare ad Alessia Marcuzzi programmi articolati come i reality show senza tenere a mente le peculiarità del suo stile ed andando, giocoforza, a mortificarne la professionalità. Il risultato è uno studio che, anzichè sviscerare le dinamiche del ‘gioco’ e diventare il centro del racconto e del ‘raccordo’ tra realtà e reality, è degradato ad un asettico contenitore nel quale limitarsi a riassumere le vicende settimanali.
Dovevano esserne ben consapevoli i vertici del Biscione che hanno ritenuto opportuno affiancare ad Alessia non uno ma ben due compagni di viaggio dal piglio decisamente differente da quello della padrona di casa, idonei a sostenerla e a portare un po’ di brio che altrimenti sarebbe mancato. Una scelta, questa, più che opportuna ma che, evidentemente, toglie forza alla conduttrice. Non a caso l’Isola si è accesa grazie alle ‘performance’ di Mara Venier che nella premiere, in un sol colpo, togliendo le scarpe durante la discesa delle scale in apertura di puntata, ha spazzato via in un attimo qualunque altro protagonista le fosse accanto. La vera vincitrice è sicuramente lei.
La fortuna sta, tuttavia, nel poter ragionare sulle criticità con quella serenità che un programma di successo porta con sè. Perchè è innegabile che anche questa volta l’Isola abbia confermato di essere una delle migliori produzioni italiane, foriera di pubblico come in poche altre occasioni la generalista riesce ormai a fare.
A Cologno sono persino riusciti lì dove avevano sempre toppato: il second screen. Finalmente si è capito – e si spera non sia un caso isolato – che essere social non vuol dire leggere due tweet in diretta o aprire i commenti su Facebook per far felice il ‘popolo della rete’ (definizione ormai indigesta); essere social vuol dire offrire al telespettatore ‘non tradizionale’ la possibilità di seguire live lo show con mezzi differenti dal teleschermo; vuol dire offrirgli una lettura diversa; vuol dire fornirgli degli strumenti che gli facciano godere appieno dello show in maniera alternativa.
Peccato. Perchè è stato palese che nemmeno Mediaset abbia creduto sino in fondo al progetto, probabilmente per i tiepidi riscontri inizialmente ottenuti durante la vendita degli spazi pubblicitari. Peccato perchè uno show studiato e realizzato con tutti i sacri crismi come quello che abbiamo visto avrebbe potuto, con qualche accortezza in più e qualche scelta insensata in meno, essere consacrato a programma di punta dell’ammiraglia di Canale 5.
1. Pepsi ha scritto:
24 marzo 2015 alle 11:18