16
marzo

GIORGIO MONTANINI A DM: SIANI, PINTUS, BRIGNANO (RUFFINI NEANCHE LO CONSIDERO) PERCHE’ SONO COSI’ FALSI SUL PALCO? LA MORTE DELLA COMICITA’ INIZIA CON DRIVE IN. DA WALTER CHIARI E TROISI SIAMO PASSATI A EZIO GREGGIO

Giorgio Montanini

Tra tutti i comici di Stand Up Comedy, Giorgio Montanini è quello che più di tutti ha assaporato le luci della ribalta generalista. Nella scorsa stagione ha tenuto a battesimo Nemico Pubblico su Rai3 e in questa è stato protagonista, in due occasioni, della copertina di Ballarò. Se la prima esperienza è pronta a ripetersi (Nemico Pubblico torna con la seconda stagione a partire da maggio), la seconda ha avuto fine con lui – racconta “orgoglioso” -, complice, forse, l’aver bruciato le tappe. Allo stesso tempo lo stand up comedian marchigiano sembra anche il più critico nei confronti dei vari Pintus, Brignano e Siani che animano la comicità nazionalpopolare. La loro colpa? Prendere per “cu*o” il pubblico, come racconta Giorgio.

Questa sera Giorgio condurrà l’ultima puntata del programma “vietato ai minori” di Comedy Central (ore 23) in cui tutti i suoi colleghi saranno morti…

Nella tua scheda di presentazione c’è scritto: “Il comico non può fare cose che piacciono a tutti. Se fa ridere sia un bambino che un sessantenne, o il bambino è un genio o il sessantenne è ritardato”. Vuoi dire che non esiste una comicità universale?

Sì, esiste. Sono i giocolieri, i clown. Uno stand up comedian è un altro tipo di comico, che racconta il proprio vissuto. Immagino che una persona adulta di 40 anni non possa dire cose interessanti per un bambino.

Sei anche definito, nella stessa scheda, il più cattivo. Perchè?

Non lo so perchè. E’ una definizione un po’ più pubblicitaria che reale. Ci sono diversi tipi di comicità, la mia è sicuramente più ruvida.

Di sicuro, però, sei il più famoso, visto il tuo impegno con Nemico Pubblico e le copertine di Ballarò. Com’è stato l’approccio con la tv generalista?

Siamo nel pieno della produzione della seconda stagione di Nemico Pubblico, composta da 8 puntate, in onda la domenica subito dopo Report. Una collocazione ottima. L’esperienza è stata per me un po’ storica: la tv si approcciava per la prima volta con un genere nuovo. Spero di essere stato un apripista, in tutto il mondo la comicità dei monologhisti non è quella dei personaggi che fanno a Colorado. Per l’Italia è arrivato il momento di adeguarsi ai tempi.

Ballarò, invece, che esperienza è stata?

Se pensiamo che il mio primo approccio con la tv è stato nel 2013, con Aggratis, forse con la prima serata abbiamo bruciato un po’ i tempi. Dal mio punto di vista era fantastico prendere i politici di petto in studio a Ballarò, senza il filtro di un video come accadeva con Crozza e la sua comicità bonaria. Col tempo avrebbe pagato, conoscendo anche il voyeurismo del pubblico: una persona che prende di petto il politico di turno è il sogno di tutti i telespettatori. Ma magari in Rai si sono spaventati e li capisco. Mi piace comunque che le copertine di Ballarò siano finite con me.


C’è un tuo monologo di Stand Up Comedy che consigli – a chi non l’ha visto – di andare a ripescare?

E’ come se chiedessi ad una madre di scegliere tra 7 figli quello al quale vuole più bene. I monologhi che porto in televisione sono proprio figli. Tengo a tutti allo stesso modo per motivazioni diverse. Posso dirvi di guardarvi la puntata di stasera perchè ci sarà una presentazione divertente: si giocherà con la morte. Faremo finta che i comici di Stand Up Comedy sono morti, una puntata in memory of. Presenteremo i loro interventi come degli rvm ma in realtà saranno performance inedite e live. Mi piace anche il fatto che io sia l’unico a sopravvivere, quando di solito tutti dicono che sarò io quello che morirò prima perché faccio la vita più dissoluta.

E’ più un tabù la morte o il sesso?

Credo la malattia. Il sesso è stato forse abbastanza sdoganato, poi di tutte le cose dipende da come ne parli.

Dicevi di condurre una vita dissoluta…

Me la imputano.

Perchè?

Perchè gli altri del gruppo sono romani, noi marchigiani abbiamo una cultura diversa del mangiare, del bere, del divertirsi. Rivendico la superiorità dei marchigiani nella qualità della vita.

Su Facebook definisci Alessandro Siani “ignorante, banale, reazionario”. Non ti sei risparmiato nulla.

Siani è un simbolo. Siani, Pintus, Brignano, per non parlare di Paolo Ruffini che neanche considero, la comicità nazionalpopolare di questo livello è la cartina di tornasole a livello culturale di questo Paese. Questi parlano di cose di cui neanche si interessano, in cui neanche credono. Io sono convinto che Siani non può parlare in maniera così banale di Napoli o del pranzo della domenica. Pintus avrà 40 anni, pensi che racconta veramente quello che fa nella vita? Perché devono essere così falsi sul palco? Perchè devono raccontare cose di cui non gliene frega un ca*zo, solamente per cercare la risata facile? Il compiacimento del pubblico è la rovina della comicità.

C’è un pubblico però che sembra rispecchiarsi nei racconti di Brignano o di Siani…

Sono luoghi comuni, non è vero che a Roma tutti sono lenti e c’è il traffico e a Milano sono veloci. Il luogo comune conforta la persona che l’ascolta. L’arte non fa mai questo, è rivoluzionaria, deve distruggere i luoghi comuni. Quando vai a vedere uno spettacolo di Siani o Brignano, esci come sei entrato. Non ti lascia niente. Quando una persona esce dal mio spettacolo, vorrei che dicesse: “mi è piaciuto oppure mi ha fatto schifo, non lo rivedrò mai più”. Questa è la differenza tra un comico e un imbonitore.

C’è un comico nazionalpopolare che si salva?

Io ho preso quelli che sono considerati i migliori, quelli che hanno una presenza scenica. Ci sono comici che non hanno nemmeno una presenza scenica. Brignano effettivamente è un animale da palco, prendono però per il cu*o il pubblico, come se lo trattassero da inferiore. Chi fa satira parte dal presupposto che non siamo migliori del pubblico. Raccontiamo punti di vista e per questo sarà normale se su un pubblico di 1000 persone, 700 ti apprezzeranno e altre 300 no. La ricerca del consenso è la morte di ogni forma d’arte.

Riuscirà Stand Up Comedy a trovare (non ricercare) consenso come avviene all’estero?

Sono convinto di sì, gli italiani mica sono peggio degli altri. In Italia, da Berlusconi in poi, ci sono stati 30 anni di oscurantismo culturale, la morte della comicità inizia con Drive in. Siamo passati da Walter Chiari e Troisi ad Ezio Greggio, quindi c’è stata la comicità fatta di tette e culi. Ma la storia è ciclica e torneremo ad essere un Paese più civile.

Un programma di denuncia come Striscia La Notizia lo condurresti?

Striscia non è un programma di denuncia, è il contrario, non ha nulla di satirico, non tocca nessun nervo scoperto. Fa delle inchieste con maghi, ste cose qua, se la prendono con dei poveracci fondamentalmente. Un tiggì satirico colpisce il potere non un poveraccio che magari sì fa il truffatore, arricchitosi alle spalle di qualche cretino. Un programma satirico lo farei, anzi lo faccio già. Non farà i milioni di spettatori di Striscia La Notizia ma i suoi fan ce li ha già.

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9 Commenti dei lettori »

1. Mandellissimo ha scritto:

16 marzo 2015 alle 18:54

Un altro che non fa ridere che crede di essere un comico…



2. Luca ha scritto:

16 marzo 2015 alle 19:42

pieno di sé…che parla senza sapere nulla di chi (s)parla…sciacquati la bocca quando nomini striscia la notizia (ad esempio) e tutti gli altri…



3. Raiset 7 ha scritto:

16 marzo 2015 alle 21:51

Ma da dove è uscito questo pagliaccio?Lavora in una rete che fa lo 0,05 e si crede il migliore.



4. paolo ha scritto:

17 marzo 2015 alle 00:16

Mi sembra un’analisi lucida. Può essere condivisibile o meno, ma a me sembra evidente che la comicità italiana sia paludatissima da anni, e rappresenta in tv e al cinema il popolare più basso e meno innovativo.

Considero striscia la notizia il braccio armato ideologico del berlusconismo, una rumorosa drammatizzazione della libertà d’informazione e del giornalismo d’inchiesta che in realtà andava a impoverire entrambi.Ricci ha giocato al Dottor Faust, ma ha fatto la fine di Dorian Grey.



5. Giuseppe ha scritto:

17 marzo 2015 alle 07:43

Montanini ha perfettamente ragione.

Peccato che questa analisi valga anche e soprattutto per lui.



6. Flavio ha scritto:

18 marzo 2015 alle 10:36

Condivido il suo discorso sui comici mainstream (Brignano, Siani etc etc…). Fanno cagare. Ma l’Italia non è mai stato un paese di stand-up comedian. La comicità anglosassone è diversa. Lui ci prova, ma personalmente ho un grosso problema col suo accento marchigiano. Potrebbe essere George Carlin reincarnato ma con quell’accento non riuscirebbe comunque a strapparmi una risata.



7. Vincenzo ha scritto:

21 marzo 2015 alle 16:02

Giorgio Montanini ha perfettamente ragione ed è uno dei pochi che si salva in questo triste panorama di comicità/satira scadente che ci vogliono per forza propinare le TV generaliste!
Quelli che si credono i migliori comici d’Italia, come Siani che ha fatto una pessima figura in Eurovisione al Festival di Sanremo 2015, in realtà sono i peggiori di questo secolo e dobbiamo essere fiduciosi che la vera comicità e la vera satira verrà presto rappresentata da altri veri professionisti dello spettacolo, come lo sono stati nel secolo scorso Totò, Verdone, Sordi, Troisi ect.
Un esempio è il Format di Colorado e Made in Sud, copiato da Zelig, che ha raggiunto livelli bassissimi e piano piano non basteranno più gli ospiti Famosissimi ed altri escamotage per fare ascolti intorno al 10% (necessaria per continuare ad andare in onda) come vestirsi tale e quale ad un personaggio televisivo e chiamarlo in trasmissione, mentre sentiamo battute banali che non fanno ridere.
La volgarità, poi, la fa da padrone soprattutto nei nuovi “personaggi” rappresentati sempre dagli stessi comici di queste trasmissioni sulle TV generaliste.
Basta con le bugie sui giornali che sono programmi di successo con la Gregoraci in posa con il simpatico marito Briatore, che è fuggito dall’Italia togliendo il lavoro agli Italiani ma cercando favori in Italia per la moglie, e si è capito che sono programmi che fanno comodo solo ad un ristretto cerchio di persone per il loro guadagno.
Dov’è la TV di Qualità e che promuove la Cultura di questo paese di cui ci parla il Presidente del Consiglio e della RAI?



8. Caterina ha scritto:

14 dicembre 2015 alle 18:37

Se anche avesse un briciolo di ragione, si è mandato a fanculo da solo. Sprizza arroganza da tutti i pori questo, che si permette di giudicare la comicità italiana mentre fa una comicità all’anglosassone e definisce Siani e Pintus “falsi” sul palco (Brignani non lo conosco bene quindi non mi permetto di giudicare). Che razza di teoria è “se ha quarant’anni non può dire cose che interessano ai bambini, pensi davvero che racconti quello che fa nella vita?”. Ma l’ha mai visto lui Pintus dal vivo? O Siani? No, no, questo qui è uno di quei poveretti che vogliono fare strada nella vita ma sono troppo antipatici per farcela. Sia Angelo Pintus che Alessandro Siani hanno grande presenza scenica e personalità meravigliose, sono aperti alle critiche e sanno migliorarsi questo è solo un rosicone di vedute ristrette.



9. Claudia ha scritto:

25 aprile 2017 alle 16:52

Aha, Montanini. Quello che punta il dito, ma lo fa praticamente davanti ad uno specchio. Quello che giudica gli altri ma si offende se gli altri giudicano lui. Quello convinto di essere un pioniere della stand-up, e non si rende conto che apostrofa comici stand-up. Quello che si eleva a predicatore e che in realtà avrebbe molto da imparare. Quello che accusa altri di plagio, di banale, di già sentito e poi ricicla le battute degli anglosassoni. Quello che sparla senza sapere di cosa sparla. Quello che definisce altri palloni gonfiati, accecati dal successo, invischiati nel loop del profitto ad ogni costo, e poi replica alle critiche con “Tu non sei nessuno per dire qualcosa a me”.
Quello che si esalta perché fa una serata al Brancaccio (e neanche sold out) e deride altri, come Pintus, che ne fanno venti SOLO al Brancaccio (mi pare che col nuovo tour abbia superato le 150 alla grande). Quello convinto di avere la fiaccola dello stand-up ma che probabilmente non sa bene cosa “Stand-up comedy” voglia dire. Perché da quel che so, fare stand-up significa presentarsi sul palco, scenografia scarna, praticamente assente, microfono in mano, e raccontare di sé. Indovina Pintus che fa? Mi pare poi che Montanini non abbia mai visto Pintus dal vivo: direi che si limita ai cinque minuti di televisione (e Pintus non è un comico televisivo, fa fatica coi tempi stretti).
(Poi ci sarebbe da distinguere in monologhisti stand up e gli one-liner stand-up).
Risultato della breve considerazione: abbassa la cresta. Informati meglio prima di sparare a zero e impara ad accettare i commenti di tutti, perché sono proprio le opinioni del pubblico quelle che contano, e che ti fanno capire come ti poni davvero.

Ps: ho usato Pintus come paragone perché è uno di quelli con cui Montanini se la prende di più, e perché in effetti sì, Pintus oggettivamente corrisponde alla descrizione del comico stand-up (in riferimento ai lavori teatrali). Solo che Montanini non se ne rende conto.



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