Tra tutti i comici di Stand Up Comedy, Giorgio Montanini è quello che più di tutti ha assaporato le luci della ribalta generalista. Nella scorsa stagione ha tenuto a battesimo Nemico Pubblico su Rai3 e in questa è stato protagonista, in due occasioni, della copertina di Ballarò. Se la prima esperienza è pronta a ripetersi (Nemico Pubblico torna con la seconda stagione a partire da maggio), la seconda ha avuto fine con lui – racconta “orgoglioso” -, complice, forse, l’aver bruciato le tappe. Allo stesso tempo lo stand up comedian marchigiano sembra anche il più critico nei confronti dei vari Pintus, Brignano e Siani che animano la comicità nazionalpopolare. La loro colpa? Prendere per “cu*o” il pubblico, come racconta Giorgio.
Questa sera Giorgio condurrà l’ultima puntata del programma “vietato ai minori” di Comedy Central (ore 23) in cui tutti i suoi colleghi saranno morti…
Nella tua scheda di presentazione c’è scritto: “Il comico non può fare cose che piacciono a tutti. Se fa ridere sia un bambino che un sessantenne, o il bambino è un genio o il sessantenne è ritardato”. Vuoi dire che non esiste una comicità universale?
Sì, esiste. Sono i giocolieri, i clown. Uno stand up comedian è un altro tipo di comico, che racconta il proprio vissuto. Immagino che una persona adulta di 40 anni non possa dire cose interessanti per un bambino.
Sei anche definito, nella stessa scheda, il più cattivo. Perchè?
Non lo so perchè. E’ una definizione un po’ più pubblicitaria che reale. Ci sono diversi tipi di comicità, la mia è sicuramente più ruvida.
Di sicuro, però, sei il più famoso, visto il tuo impegno con Nemico Pubblico e le copertine di Ballarò. Com’è stato l’approccio con la tv generalista?
Siamo nel pieno della produzione della seconda stagione di Nemico Pubblico, composta da 8 puntate, in onda la domenica subito dopo Report. Una collocazione ottima. L’esperienza è stata per me un po’ storica: la tv si approcciava per la prima volta con un genere nuovo. Spero di essere stato un apripista, in tutto il mondo la comicità dei monologhisti non è quella dei personaggi che fanno a Colorado. Per l’Italia è arrivato il momento di adeguarsi ai tempi.
Ballarò, invece, che esperienza è stata?
Se pensiamo che il mio primo approccio con la tv è stato nel 2013, con Aggratis, forse con la prima serata abbiamo bruciato un po’ i tempi. Dal mio punto di vista era fantastico prendere i politici di petto in studio a Ballarò, senza il filtro di un video come accadeva con Crozza e la sua comicità bonaria. Col tempo avrebbe pagato, conoscendo anche il voyeurismo del pubblico: una persona che prende di petto il politico di turno è il sogno di tutti i telespettatori. Ma magari in Rai si sono spaventati e li capisco. Mi piace comunque che le copertine di Ballarò siano finite con me.
C’è un tuo monologo di Stand Up Comedy che consigli – a chi non l’ha visto – di andare a ripescare?
E’ come se chiedessi ad una madre di scegliere tra 7 figli quello al quale vuole più bene. I monologhi che porto in televisione sono proprio figli. Tengo a tutti allo stesso modo per motivazioni diverse. Posso dirvi di guardarvi la puntata di stasera perchè ci sarà una presentazione divertente: si giocherà con la morte. Faremo finta che i comici di Stand Up Comedy sono morti, una puntata in memory of. Presenteremo i loro interventi come degli rvm ma in realtà saranno performance inedite e live. Mi piace anche il fatto che io sia l’unico a sopravvivere, quando di solito tutti dicono che sarò io quello che morirò prima perché faccio la vita più dissoluta.
E’ più un tabù la morte o il sesso?
Credo la malattia. Il sesso è stato forse abbastanza sdoganato, poi di tutte le cose dipende da come ne parli.
Dicevi di condurre una vita dissoluta…
Me la imputano.
Perchè?
Perchè gli altri del gruppo sono romani, noi marchigiani abbiamo una cultura diversa del mangiare, del bere, del divertirsi. Rivendico la superiorità dei marchigiani nella qualità della vita.
Su Facebook definisci Alessandro Siani “ignorante, banale, reazionario”. Non ti sei risparmiato nulla.
Siani è un simbolo. Siani, Pintus, Brignano, per non parlare di Paolo Ruffini che neanche considero, la comicità nazionalpopolare di questo livello è la cartina di tornasole a livello culturale di questo Paese. Questi parlano di cose di cui neanche si interessano, in cui neanche credono. Io sono convinto che Siani non può parlare in maniera così banale di Napoli o del pranzo della domenica. Pintus avrà 40 anni, pensi che racconta veramente quello che fa nella vita? Perché devono essere così falsi sul palco? Perchè devono raccontare cose di cui non gliene frega un ca*zo, solamente per cercare la risata facile? Il compiacimento del pubblico è la rovina della comicità.
C’è un pubblico però che sembra rispecchiarsi nei racconti di Brignano o di Siani…
Sono luoghi comuni, non è vero che a Roma tutti sono lenti e c’è il traffico e a Milano sono veloci. Il luogo comune conforta la persona che l’ascolta. L’arte non fa mai questo, è rivoluzionaria, deve distruggere i luoghi comuni. Quando vai a vedere uno spettacolo di Siani o Brignano, esci come sei entrato. Non ti lascia niente. Quando una persona esce dal mio spettacolo, vorrei che dicesse: “mi è piaciuto oppure mi ha fatto schifo, non lo rivedrò mai più”. Questa è la differenza tra un comico e un imbonitore.
C’è un comico nazionalpopolare che si salva?
Io ho preso quelli che sono considerati i migliori, quelli che hanno una presenza scenica. Ci sono comici che non hanno nemmeno una presenza scenica. Brignano effettivamente è un animale da palco, prendono però per il cu*o il pubblico, come se lo trattassero da inferiore. Chi fa satira parte dal presupposto che non siamo migliori del pubblico. Raccontiamo punti di vista e per questo sarà normale se su un pubblico di 1000 persone, 700 ti apprezzeranno e altre 300 no. La ricerca del consenso è la morte di ogni forma d’arte.
Riuscirà Stand Up Comedy a trovare (non ricercare) consenso come avviene all’estero?
Sono convinto di sì, gli italiani mica sono peggio degli altri. In Italia, da Berlusconi in poi, ci sono stati 30 anni di oscurantismo culturale, la morte della comicità inizia con Drive in. Siamo passati da Walter Chiari e Troisi ad Ezio Greggio, quindi c’è stata la comicità fatta di tette e culi. Ma la storia è ciclica e torneremo ad essere un Paese più civile.
Un programma di denuncia come Striscia La Notizia lo condurresti?
Striscia non è un programma di denuncia, è il contrario, non ha nulla di satirico, non tocca nessun nervo scoperto. Fa delle inchieste con maghi, ste cose qua, se la prendono con dei poveracci fondamentalmente. Un tiggì satirico colpisce il potere non un poveraccio che magari sì fa il truffatore, arricchitosi alle spalle di qualche cretino. Un programma satirico lo farei, anzi lo faccio già. Non farà i milioni di spettatori di Striscia La Notizia ma i suoi fan ce li ha già.
1. Mandellissimo ha scritto:
16 marzo 2015 alle 18:54