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luglio

TOP DJ: TRA SOGNI DEL PASSATO ED ERRORI DI GIOVENTU’. IL VINCITORE E’ GEO FROM HELL

Top DJ

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Ognuno di noi ha avuto, da bambino, i propri sogni nel cassetto, più o meno convenzionali, più o meno assurdi. A casa rimanevano sempre piuttosto incuriositi dal mio: impazzivo nel guardare le musicassette girare assieme, amavo rotolarle e le srotolarle in continuazione, creando dei miscugli musicali assurdi, anche in attesa che si allineassero durante la rotazione. E andavo avanti con questo strano gioco per tutta la giornata con i successivi “mix”, che tutto erano, nella mia testa, fuorché spartani (lo erano, invece, per i miei poveri genitori, per non parlare di quei poveri vicini di pianerottolo). Quando poi papà mi regalò, non senza sforzi, un lettore Mini Disc ero il bambino più felice del mondo, perché quel lettore “per pochi eletti”, che univa due mondi su cui giocavo – quello digitale e quello analogico – lo consideravo un vero “passaggio di livello”: con un mixer sgangherato e un vinile d’altri tempi, avevo l’attrezzatura giusta per sentirmi alla pari dei veri professionisti, pronto per trasformare quel sogno in qualcosa di importante. Invece… no, perché con gli anni gli impegni diventano più pressanti, le esigenze si diversificano e le passioni storiche in parte si affievoliscono, non trovando più spazio all’interno della nostra, solita, routine.

Top DJ è stato (quasi) un colpo al cuore e un bellissimo tuffo nel passato, anche perché, nonostante possa sembrare banale, e forse lo è, è bello sapere che certi sogni – per quanto ci si ostini a chiuderli nei bei cassetti dei ricordi – sono più vivi che mai. E se un semplice programma televisivo, con tutti i difetti che può avere, riesce nella mission di risvegliarli, rappresenta comunque un obiettivo centrato, per quanto non tangibile e presumibilmente ben distante dagli obiettivi reali. Comunque sia, al di là di personali considerazioni introduttive, era difficile scommettere un solo centesimo sull’idea malsana di portare il mondo dei DJ all’interno di una cornice televisiva. Non perché non meriti la giusta visibilità, alla pari di discipline come canto e ballo che impazzano in televisione, ma per la difficoltà intrinseca di rendere appetibile un’arte che in gran parte si ascolta, e difficilmente si apprezza dal punto di vista visivo. E invece, come spesso accade in questi casi, ci si deve in parte ricredersi. Il lavoro svolto da Yam112003, che ha realizzato il talent per SkyUno, non eccelle, sia beninteso, ma rappresenta un punto di partenza su cui investire per una seconda edizione, se mai ci sarà visti gli ascolti non proprio eccellenti.

Top DJ soffre, probabilmente, il fatto che sia un’idea (quasi) unica al mondo, e dunque non essendoci quelle basi comuni e condivise da cui partire per lo sviluppo e la creazione del format, Yam ha commesso quegli errori di “gioventù” (perdonabili, per carità) che hanno impedito al programma non di sfondare, ma di essere quantomeno apprezzato dal pubblico dei due canali generalisti di Sky. In primis a causa delle prove, tutte eccessivamente uguali: ogni concorrente, infatti, è stato chiamato a sfidarsi su due prove individuali, una di selezione e missaggio, in cui i ragazzi hanno dovuto dimostrare di avere un’ampia conoscenza musicale al fine di scegliere i brani più congeniali per un mix, e una più creativa (e più ponderata, soprattutto), dove invece – a partire da alcuni sample “famosi” consegnati dalla produzione – i concorrenti hanno dovuto dar vita ad un nuovo brano da portare sul palco dello studio, curando anche i visual effect, ovvero la scenografia d’accompagnamento, davanti ad un pubblico di loro potenziali ascoltatori.

Peccato che tale schema sia stato messo “in loop” (per dirla alla Top DJ) in ogni puntata, con la sola variazione dei temi (e dei brani, quindi) e dei sample, rendendo il tutto estremamente ripetitivo e, alla lunga, estramemnte noioso da seguire, anche per via della totale libertà lasciata agli aspiranti TopDJ. Da questo punto di vista è da apprezzare, invece, quanto fatto a RDS Academy, dove i concorrenti sono chiamati a cimentarsi su tipologie di conduzioni completamente differenti, per giunta con vincoli e condizioni ben definite dai coach, contribuendo a rendere la gara più competitiva ma anche più selettiva e, soprattutto, rendendo lo spettatore più partecipe.

Ma all’assenza di competizione si aggiunge, inoltre, la totale mancanza di una parte tutorial, mai come in questo caso necessaria. Lo spettatore, di fatto, non è stato mai messo in grado di comprendere ciò che accadeva durante lo svolgimento delle due prove, non solo per via dell’uso improprio di termini tecnici tipicamente assenti nei dizionari del pubblico televisivo ma, soprattutto, a causa della scelta – quasi incomprensibile – di limitare violentemente il racconto, con la seconda prova creativa – dove c’era parecchio da spiegare – trasformata in un’accozzaglia di scene flash con il solo scopo di strizzare l’occhio al partner radiofonico.

E’ da apprezzare, tuttavia, la scelta dei tre coach – Albertino, Stefano Fontana e Lele Sacchi, dei veri monumenti della musica – nonostante qualche dubbio sulla selezione operata ai casting (fin troppo sbilanciata), a cui in compenso si è rimediato durante le eliminazioni, dove si è posta (finalmente) maggiore attenzione alle singole prove rispetto al percorso all’interno del programma. Non a caso a salire sul podio sono stati effettivamente i tre più completi: Geo From Hell, Manuel Rotondo e ReLoud. Alla fine, dopo la sfida a tre, i migliori sono risultati Geo From Hell e Manuel Rotondo. Praticamente “alla pari”, la scelta del vincitore alla fine è ricaduta su Geo From Hell che, effettivamente, ha dimostrato nelle otto puntate di saper riuscire a “fare di tutto” con qualsiasi strumento e brano.

Nell’insieme, comunque, l’idea di portare il mondo dei DJ sul piccolo schermo è senza dubbio da apprezzare, e bene ha fatto Sky ad investire su un format più sperimentale e meno canonico. Peccato che, allo stato attuale, Top DJ sia un programma scritto da appassionati per un pubblico essenzialmente di appassionati che, tra prove ripetitive, un racconto fin troppo superficiale e l’assenza di una parte più didascalica, non ha speranze di sfondare.

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3 Commenti dei lettori »

1. XxdanyxX ha scritto:

3 luglio 2014 alle 18:22

programma carino, ma si, ripetitivo.
la finale è stata stupenda, per gli ospiti ma anche per la sfida di creare e mixare un brano nuovo da zero.
su sky si sperimenta no? beh hanno sperimentato :D ora devono solo raffinare il format, metterlo a traino di un altro programma importante e il gioco è fatto ( un programma del genere se fa i 120.000 ascoltatori medi per puntata sarebbe un successo)



2. griser ha scritto:

3 luglio 2014 alle 19:48

A me è piaciuto molto originale e io che non amo la disco e generi affini mi ha attratto. Geo è stato molto bravo e il suo inedito è molto forte. Non condivido la ripetività perchè a questo punto tutti i Talent lo sono. Per mè il vero neo è il periodo di programmazione. Alle 22.45 durante i mondiali e a ridosso dell’estate non ha portato molto pubblico (a detta dell’articolo). In ogni modo sapete quanto ha fatto?



3. Daniele Pasquini ha scritto:

3 luglio 2014 alle 23:39

Nei talent registrati si tende molto spesso a variare, e Masterchef insegna nonostante la struttura rigida.

Hell’s Kitchen, comunque, soffre dello stesso problema, e ne avevamo già parlato, nonostante ci sarebbe tutta la parte reality da sfruttare



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